LA DURA VERITA': La peste a tutti questi film...la peste


La dura verità è che questo stupido film è identico ad altre dozzine di stupidi film che sono stati girati su questo stupido argomento. La dura verità è che se volete buttare i vostri soldi sarebbe meglio fare della beneficenza, piuttosto che gonfiare ulteriormente la borsa e l'ego di Katherine Heigl (la stupida e vanesia biondina di Grey's Anatomy) e di Gerard Butler (il Leonida che in 300 gridava ogni 5 minuti "Spartaaaa!!"). La dura verità è che alla fine della fiera questo film è innocuo, ma non posso fare a meno di odiarlo in quanto offende la mia intelligenza. Come possono credere gli sceneggiatori di Hollywood che il pubblico sia così deficiente? Come si può pensare che lo spettatore non abbia già capito che nel momento in cui alla nostra protagonista vengono regalate delle mutandine vibranti, la cosa non le sfuggirà di mano durante un'imbarazzante cena di lavoro? Come si può credere che una donna ed un uomo così diversi non finiranno alla fine del film fidanzati e contenti? Come si fa in pieno 2009 a propagandare un'immagine di uomo così stereotipata ed incoerente? Come si fa a proporre una figura di donna così inconsistente e stereotipata? Personaggi tagliati con l'accetta con cui è impossibile identificarsi, situazioni telefonatissime e sceneggiatura puerile per un film irritante e poco simpatico, schiavo di un serpeggiante cattivo gusto ed ostaggio di un moraleggiante cumulo di sciocchezze prive di coraggio e coerenza. La dura verità è che questo film probabilmente vi sembra carino ed allettante, ma in realtà si tratta una dannata trappola, salvatevi almeno voi.

La peste a tutti questi maledetti film, la peste...

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Lui ama lei e lei ama lui, purtroppo dovranno passare un'ora e trentacinque minuti di film perchè questa realtà chiara a tutti fin dal trailer colga anche i due stupidi protagonisti.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Quella delle mutandine vibranti e qualche monologo sugli uomini e le donne.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietato, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Divertentissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Caruccio, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Vaccata, 4

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6,5

La dura verità (The Ugly truth, Usa 2009)
Regia di Robert Luketic
Con Katherine Heigl, Gerard Butler



IL GRANDE SOGNO: Meriti e demeriti


Placido è un ottimo attore, ma anche un solido regista, uno che se vuole e se gliene viene data la possibilità sa costruire grande cinema, basta guardare Romanzo Criminale. Il grande sogno è purtroppo un film riuscito a metà, un'occasione mancata. Se da un lato si discosta dalla solita tematica trita e ritrita della ricerca dell'amore e la felicità a tutti i costi, così cara al cinema di casa nostra, dall'altro, cercando di descrivere l'odissea del '68, sfiora senza approfondire, accenna senza mai entrare veramente nel merito, tocca senza mai colpire. Alcune sequenze hanno un grande respiro cinematografico (le manifestazioni e le cariche della polizia), altre hanno il gusto della sveltina in macchina (il pestaggio del poliziotto), regalando al pubblico un film altalenante e discontinuo, troppo impegnato a raccontare tutto e tutto in una volta. Che in due ore di pellicola si passi dall'occupazione delle università, al lancio delle prime bombe molotov, lascia nello spettatore la straniante sensazione di essersi perso qualcosa, causa l'eccessiva fretta con cui succede tutto. Detto questo, vorrei affrontare un discorso piuttosto spinoso che riguarda il cinema italiano e gli attori che lo infestano. Ma porca paletta, è mai possibile che nel mio paese, ultimamente, si producano solo film con Riccardo Scamarcio e Luca Argentero? Per carità non ho nulla contro di loro, li trovo entrambi piuttosto bravi, il problema invece è piuttosto il modo in cui il nostro cinema sfrutta fino alla nausea i pochi volti noti che partorisce. Per un periodo ci siamo trovati Luigi LoCascio anche nella minestra, poi Tony Servillo era diventato nostro vicino di casa, adesso Laura Chiatti è diventata nostra collega d'ufficio, Scamarcio il nostro panettiere e Argentero il nostro benzinaio. Il problema è che appena un attore funziona e piace al pubblico, allora lo si spreme come un limone, facendogli interpretare qualsiasi cosa venga prodotta sotto il sole del bel paese. Mi sembra che questa infame tendenza sancisca l'ennesimo de profundis per un cinema che è ormai lo spettro di se stesso, in balia di cinepanettoni, commedie garbate ma troppo esili, drammoni tronfi ma di cartapesta e pochi bei film d'autore. Invece di preoccuparsi della ricerca della felicità attraverso l'amore, sarebbe bello che il nostro cinema si concentrasse sulla ricerca della qualità attraverso un bel bagno di umiltà. Per carità, il cinema italiano è stato grande, ma badate bene, ho usato il verbo al passato e di certo non è un caso.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Amori, speranze, promesse, tradimenti, violenza e sogni della generazione che visse il '68.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Sicuramente la manifestazione davanti all'ambasciata americana.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Non ho capito niente, 3
Se avete da 13 a 20 anni: Ho capito poco, 5

Se avete da 20 a 30 anni: Non male, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Peccato, 6

Se avete da 40 anni in su: Troppi ricordi, 8

Il grande sogno (Italia 2009)
Regia di Michele Placido
Con Jasmine Trinca, Riccardo Scamarcio, Luca Argentero.

NEW MOON: Perchè tanto livore?


Proprio non capisco perchè la saga di Twilight susciti tanto livore, odio e risentimento tra la critica alta e paludata. Capiamoci, non intendo strapparmi le vesti e gridare al capolavoro incompreso, New Moon è un filmino furbetto dichiaratamente dedicato ai più giovani, semplicemente trovo che non ci nulla di male in questo. New Moon e Twilight prima di lui hanno tutto quello che serve per piacere agli adolescenti, i vampiri, i lupi mannari, l'azione, il pericolo, il mistero, ma soprattutto c'è l'amore, un amore tormentato e totale, capace di far perdere la testa a qualsiasi ragazzino. Diciamolo fuori dai denti, la storia di Edward e Bella ha del miracoloso, ha tutti gli ingredienti giusti per attirare sia le ragazze che i ragazzi, che impotenti non possono che arrendersi ed immedesimarsi totalmente in loro. Intorno alla love story più bella e sofferta degli ultimi anni c'è un mondo di segreti e pericoli, di leggi non scritte e fascino ancestrale, di sangue ed alleanze. Non si fatica ad immaginare come una moltitudine di adolescenti sognanti ed emozionati, sia capace di soffrire e respirare in completa empatia con i sentimenti e le decisioni dei loro beniamini sullo schermo. Una fascinazione che parte da molto più lontano, grazie al sentiero tracciato dai libri fenomeno di Stephenie Meyer, vero e proprio fenomeno di culto che appassiona i giovani di tutto il mondo emerso. Tornando al punto di partenza, non vedo quindi nulla di male che un film come New Moon riscuota un successo epocale, perchè si tratta di una pellicola gradevole scorrevole, con la giusta miscela di sentimento e azione. Se da ragazzo il sottoscritto si emozionava tirando pugni al nulla, imitando Rocky (il quarto capitolo l'ho visto in sala ben due volte in pochi giorni), non c'è da stupirsi se i ragazzi del 2009 si emozionano per la pallida epopea di Edward, l'irsuta gelosia di Jacob e la cocciuta determinazione del cuore di Bella. Se è vero come è vero che il cinema è anche immedesimazione ed empatia, allora non credo che smetterò mai di difendere e cercare di comprendere il fenomeno Twilight. Si può dissentire, ma credo che prima o poi si dovranno fare i conti con questi film, dopotutto sono le pellicole che fanno battere il cuore dei nostri figli e delle nostre figlie. Nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di niente, non credo che sia una soluzione percorribile da chi ha un minimo di senno.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Bella compie 18 anni e la sua storia d'amore con Edward è ad un pericoloso bivio a causa di un incidente. L'amicizia tra Bella e Jacob complicherà ulteriormente le cose.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Ad un certo punto l'azione si sposta nel bosco, teatro di una bellissima caccia al vampiro.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Chi volesse vedere un altro bel film interpretato da Kristen Stewart, consiglio fortemente Adventureland. Il regista Chris Weitz ha debuttato col caciarone American Pie, tra gli altri ha diretto il flop La bussola d'oro ed il bellissismo About a boy, delizioso film con Hugh Grant tratto da un romanzo di Nick Hornby.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 13 a 20 anni: Capolavoro, 12

Se avete da 20 a 30 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 30 a 40 anni: Interessante, 6

Se avete da 40 anni in su: Interessante, 6

New Moon (The Twilight Saga: New Moon, Usa 2009)
Regia di Chris Weitz
Con Kristen Stewart, Robert Pattinson


UN ALIBI PERFETTO: Solito thriller autunnale


Non delude ma nemmeno sorprende, questo filmino di poche pretese, giunto a far capolino nelle nostre sempre meno affollate sale nell'uggioso mese di novembre. Non delude, perchè alla fine dei giochi lo spettatore spende quasi due ore del suo tempo a passare in rassegna una divertita parata di confortevoli luoghi comuni. Purtroppo però nemmeno sorprende, impegnato com'è a svolgere diligentemente il compitino assegnatogli. Una decina di anni fa, questo tipo di film era all'ordine del giorno, i drammoni processuali erano il pane quotidiano di ogni buon cinefilo che si rispetti, poi i gusti del pubblico sono cambiati e questi thriller togati si sono fatti decisamente più rari. Il canovaccio non cambia mai, eroe (faccetta pulita e amabile) ed antagonista (di solito un attorone blasonato) si scontrano, di mezzo c'è sempre una donna (faccetta pulita e amabile pure lei) e uno spinoso caso di omicidio, aggiungete il colpaccio di scena finale e il gioco è fatto, all'uscita dalla sala gli spettatori avranno qualcosa di cui parlare. Il problema di Un alibi perfetto è la quantità di tempo speso a parlarne dopo la visione, cioè 3 minuti scarsi. La vicenda dell'ambizioso reporter e il corrotto procuratore è talmente abbozzata e priva di nerbo, che ci scivola addosso senza lasciare traccia alcuna, gli interpreti stessi, a partire da un gigione Michael Duglas fino ad un imbarazzante Jesse Metcalfe (il giardiniere di Desperate Housewives), sono talmente bidimensionali da non regalare emozione alcuna, se non il gelo assoluto. L'epilogo poi è talmente improbabile ed appiccicato con lo sputo da far chiedere pietà. Concludendo, solito thriller telefonato con brividi precotti e dialoghi già mangiati, un appuntamento immancabile per una domenica pomeriggio su Rete4.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Un giovane giornalista, con la faccia da giardiniere, sospetta che un procuratore distrettuale brutto e cattivo costruisca delle false prove per vincere facilmente in aula. Per dimostrare di avere ragione si fa processare per omicidio.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il finalotto alla Scooby-Doo.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Spero che Michael Duglas non abbia bisogno di presentazioni, mi limito a segnalarvi un paio di cult movie personali che lo vedono protagonista. Il primo è Black rain, filmaccio action con Andy Garcia, che personalmente adoro e il secondo è il bellissimo e sottovalutato Wonder Boys. Il regista, Peter Hyams ha diretto dei signori film tra cui i fantascientifici Capricorn One, Atmosfera zero, 2010 e il divertente Una perfetta coppia di svitati. Dopo essersi dedicato alle pellicole action con Van Damme, ha diretto il triste horror Relic, il tonitruante Giorni Contati e l'invisibile (almeno in Italia) A sound of thunder, basato sull'omonima e bellissima novella di Ray Bradbury.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Noioso, 4
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6,5

Se avete da 20 a 30 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Appena sufficiente, 6

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6,5


Un alibi perfetto (Beyond a Reasonable doubt, Usa 2009)
Regia di Peter Hyams
Con Jesse Metcalfe, Michael Duglas, Amber Tamblyn

2012: Che noia la fine del mondo


Si comincia come al solito, secondo la prassi classica. Alcuni segnali rivelatori, avvertimenti, incredulità, parole al vento. Ma non c'è tempo per complicate spiegazioni razionali, perchè dopo circa 15 minuti di film, è giunto il momento di affondare la California. Emozionato ed appagato, lo spettatore si rilassa, in cuor suo sa che ora è giunta l'ora dell'illuminante dissertazione scientifica (cioè quel momento in cui il protagonista, di solito di fronte ad illustri colleghi ed istituzioni, entra nel dettaglio di ciò che sta per accadere). Il regista però non la pensa allo stesso modo (ritiene infatti sufficiente la speigazione da seconda elementare abbozzata da un improbabile dj) e decide di frastornarci con un'altro cataclisma, a farne le spese sarà il parco di Yellowstone. Satolli gli spettatori chiedono una tregua, ma Emmerich è spietato e decide di distruggere anche Las Vegas. Ovviamente non finisce qui. Per placare l'insaziabile sete di sangue del sadico director dovranno cadere Rio de Janeiro, Roma, Londra, Washington e come se non bastasse uno tzunami dovrà abbattersi con rara violenza su di un innocente transatlantico. Giunti a questo punto, dopo un'ora e mezza di film, lo spettatore spossato invoca una pausa, anelando un dialogo che preveda anche qualche subordinata e non sia un semplice collage di grida ed ordini perentori. Emmerich è spietato, ma non è senza cuore, così lascia che l'azione rallenti un pochino per concedere spazio ad una decina di struggenti addii e a un paio di battutine salaci. Quest'imprudenza purtroppo ha però un effetto disastroso, infatti così facendo viene dato il tempo allo spettatore di pensare (pratica poco diffusa e spesso pericolosa quando si guarda un film come 2012). Errore fatale, l'ipnotico incantesimo si spezza e il film va alla deriva come i continenti che pretende di devastare. La prima considerazione che si fa largo nelle menti di noi paganti è la seguente: Che bellissimi effetti speciali... La seconda riflessione purtroppo però è questa: Ma c'è altro in questo film? Il problema di 2012 è che non conquista e anzi annoia, dopo il sedicesimo cataclisma lo sbadiglio si affaccia inesorabile, schiavo di personaggi stereotipati o semplicemente abbozzati della cui sorte non ci frega niente. Purtroppo la sceneggiatura (che potrebbe essere tranquillamente trascritta su di un fazzoletto di carta) non convince e non avvince, lasciando troppo spazio alla distruzione e troppo poco a tutto il resto. Il risultato è un film scollato e profondamente diseguale, con una prima parte tonitruante ed una seconda in cui allo spettatore imbambolato da tutto quel casino, non frega più nulla di chi vive e chi muore. Fermandosi un momento a riflettere poi, i buchi e le imprecisioni non si contano, dalla pervicacia della CNN determinata a trasmettere fino alla fine e in qualunque condizione, fino all'improbabile prodigio dei cellulari, capaci di funzionare perfettamente in qualsiasi condizione, anche in prossimità di un'onda anomala alta 1500 metri. Per pura decenza non tocco l'argomento enorme pannello di chiusura bloccato da piccolo cavo elettrico. Bersaglio mancato dunque e tanta tanta noia, per un film epocale che doveva mettere la parola fine al genere catastrofico e invece risulta di poco più riuscito di un qualsiasi tv movie trasmesso dal palinsesto estativo di Rai2. Insomma, 2012 è una cagata pazzesca! (45 minuti di applausi)

LA TRAMA IN DUE PAROLE
I Maya avevano ragione e quindi sono tutti cazzi nostri.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
La California che viene distrutta non è affatto male, peccato che questa stessa scena la si possa anche vedere anche in questo blog, visto che era uscita in anteprima per aumentare l'attesa ed io l'ho immancabilmente postata.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
John Cusack è un attore simpatico che ha all'attivo almeno un bellissimo film (Alta fedeltà) ed un capolavoro immenso e sconosciuto (Rischiose abitudini). Woody Harrelson negli anni 90 era gettonatissimo, ora invece non se lo fila più nessuno, recentemente ha interpretato un divertentissimo film chiamato Zombieland. Personalmente il suo film cult è Natural Born Killers di Oliver Stone. Danny Glover (il presidente degli Stati Uniti) ha interpretato fior di film, tra gli altri ricordiamo l'immortale Silverado, la serie di Arma Letale al fianco di Mel Gibson e il sottovalutato e dimenticato Grand Canyon. Chiwetel Ejiofor (il geologo) è un bravissimo attore inglese di cui ricordiamo il meraviglioso Dirty Pretty Things e il divertente Kinky Boots. Concludendo Roland Emmerich (il regista) ha stupito tutti dirigendo Stargate, a cui sono seguiti il successo stellare di Independence Day, il flop di Godzilla, il tonfo de Il patriota, il riuscito e godibile The day after tomorrow e l'imbarazzante 10000 A.C.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 13 a 20 anni: Capolavoro, 12

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Dimenticabile, 5

Se avete da 40 anni in su: No, 3

2012 (Usa 2009)
Regia di Roland Emmerich
Con John Cusack, Woody Harrelson, Chiwetel Ejiofor.



NEMICO PUBBLICO: Il cinema respira


Non è un caso che due degli esempi più straordinari di cinema dell'ultima stagione, compiano il proprio epilogo nel buio di una sala cinematografica. Questo luogo magico, da anni disertato dal grande pubblico a scapito di un' onnivora fruizione più casalinga, riacquista la sua dignità, la sua essenza, la sua vera anima. Sia nel capolavoro di Tarantino che in quello di Michael Mann, perchè diciamolo subito di capolavoro si tratta, la sala cinematografica torna ad essere protagonista, regalando al cinema la stregata magia che aveva perduto. Grandissimo cinema, che vive nel ferino, fragilissimo volto d'angelo caduto di Jonny Depp e nel ferino, fragilissimo volto d'angelo vendicatore di Christian Bale. Grandissimo cinema d'azione e morte, d'amore e vita. Grandissimo cinema di un tempo, con uno sguardo a Hawks e l'altro a Ford. Grandissimo cinema e basta. L'odissea e la parabola di Dillinger viene raccontata da Mann con lo spietato, indulgente, benevolo occhio di un padre, troppo innamorato dei propri figli. John Dillinger è il cinema del passato, elegante, lussuoso, ricco e bellissimo, la sua nemesi è il cinema nuovo, arrogante, sicuro di se, spietato e bellissimo. Con la morte del primo le cose non saranno più le stesse, cambieranno le regole e gli schermi rimpiccioliranno sempre più, segnando la fine di un'epoca. Il re è morto, evviva il re. Dillinger se ne va e con lui il suo sogno e il suo cinema, ultimo baluardo di una realtà altra dilatata all'infinito nel magico buio della sala cinematografica. Al di fuori c'è la realtà vera, crudele, patrigna e severa, la realtà che punisce gli eroi ed uccide i sogni. Il cinema però è immortale, Clark Gable è là, sullo schermo, bello come non mai, per sempre giovane, per sempre vivo. Un privilegio che non riguarda noi spettatori, umani, morti, stregati, rapiti, abbandonati a noi stessi e sperduti nella tenebra di una notte nera e senza luna. La luce del proiettore ci indica la via, ci illumina la strada, il sogno continua, eternamente diverso, eternamente uguale, su quei volti, nelle nostre lacrime... Bye bye Blackbird.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
1933 Ascesa e caduta di John Dillinger.

LA SCENA CHE VALE AL FILM
Lo scontro a fuoco del pre-finale, il finalissimo... lacrime, lacrime, lacrime.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Michael Mann, pur essendo noto come regista d'azione, è tra gli autori più sensibili ed eclettici del nostro tempo, portando avanti la propria personalissima poetica. Famosissimo negli anni 80 grazie a Miami Vice (che porterà al cinema vent'anni dopo) e per il thriller Manhunter, il nostro firma diversi grandi film tra cui il mitico Heat, il bellissimo Insider, l'epico L'ultimo dei Mohicani e soprattutto il meraviglioso Collateral.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Un pò troppo violento, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Molto bello, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 30 a 40 anni: Oltre il capolavoro, 11

Se avete da 40 anni in su: Capolavoro, 10


Nemico pubblico (Public Enemies, Usa 2009)
Regia di Michael Mann
Con Johnny Depp, Christian Bale.

ANNO UNO: Alla fin fine spassoso


Bisogna intenderci su cosa cercate. Se volete il film memorabile, le lacrime, l'emozione, la passione e la tensione, allora lasciate perdere. Se di contro è vostra intenzione divertirvi in modo spensierato e scanzonato per un'ora e mezza, ridendo del giardino dell'Eden, di Caino e Abele, Sodoma e Gomorra, Abramo e Isacco, allora Anno Uno è il vostro film. Jack Black esagera, straborda e diverte come al solito, Oliver Platt è un immenso sacerdote con tendenze omosessuali, Hank Azaria uno straordinario Abramo fissato coi prepuzi e dulcis in fundo il giovanissimo Michael Cera regala momenti di sano umorismo, offrendosi come spalla ideale alle doti istrioniche di Black. A dirigere questa sacrilega cavalcata biblica per una volta non troviamo il solito Apatow, ma il grandissimo Arold Ramis, attore in Ghostbusters e regista del cult Ricomincio da capo. Alla fine della fiera Anno uno diverte e porta lo spettatore in groppa fino ai titoli di coda, strappando sorrisi a profusione e più di una grassa risata di pancia. Tornando quindi al concetto che ha aperto questa piccola recensione, bisogna cercare di far chiarezza nel proprio cuore e capire che tipo di film si ha voglia di vedere. Quel che è certo è che al giorno d'oggi un film comico che diverte senza essere per forza volgare e pecoreccio è merce rara e preziosa. Poco importa se non soddisfa tutti i palati, Anno uno rimane un film gradevole, capace probabilmente di durare una stagione e nulla più, ma chi se ne importa.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una passeggiata nei luoghi comuni biblici, tra umorismo di pancia e qualche bella trovata.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'incontro con Caino e Abele.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Se Jack Black non ha bisogno di presentazioni e Arold Ramis nemmeno, il giovane Michael Cera era protagonista del sottovalutato ma divertentissimo SuXBad-Tre menti sopra il pelo.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Mamma non ho capito niente, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Fantastico, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Carino,
7
Se avete da 40 anni in su: Non ci siamo, n.c.


Anno uno (Year One, Usa 2009)
Regia di Arold Ramis
Con Jack Black, Michael Cera, Hank Azaria, Oliver Platt.

SMILE: C'è ben poco da sorridere...


Smile è un film italiano di genere ed è il più brutto film del 2009, anzi probabilmente degli ultimi 10 anni. SEGUE SPOILER Il nostro peggiore incubo comincia con un Armand Assante, invecchiato e gigione che si aggira misteriosamente su alcune scene del crimine, scattando fotografie come un matto. Dissolvenza. Alcuni giovani si trovano parecchi anni dopo in vacanza in Marocco. Alla più gnocca del gruppo viene rubata la macchina fotografica nel più inverosimile dei modi (una donna scesa da un pullman le si avvicina porgendole un fagotto ed implorandola di aiutare sua figlia, intanto le scippa la camera e le molla il fagotto, che si rivelerà essere una scimmia morta. Notoriamente i pullman pullulano di donne cariche di scimmie morte pronte ad infinocchiare i turisti). Dovendo trovare un'altra macchina si rivolge ad un negozio gestito da Assante, che ancora più gigione che mai le regala una strana polaroid. Da qui il film diventa fumoso e la sceneggiatura allucinogena. Il gruppo va in un bosco stregato. Incontra un cacciatore che morirà, ma che in realtà è un fantasma (ma se è un fantasma come fa a morire?). Una del gruppo si rompe le balle e decide di abbandonare tutti dopo essersi fatta una sveltina con il suo ex (la nostra decide di lasciare il Marocco a tarda notte e in treno, ovviamente troverà una morte brutta). In realtà tutti quelli che vengono fotografati dalla macchina, moriranno in modo atroce e repentino. Perchè? Colpa di Armand Assante. Perchè? Boh non lo ha capito nessuno. FINE SPOILER Guardando film, tanti film, a volte si ha l'impressione di aver davvero visto tutto, poi arrivano strani oggetti cinematografici come Smile e la prospettiva cambia, le membra tremano e la mente vacilla. Smile è talmente brutto che risulta difficile guardarlo fino alla fine, gli attori sono talmente cani (compreso Assante) da implorare pietà, la sceneggiatura è talmente imbarazzante e priva di senso, che forse solo Robert Langdon potrebbe decifrarla. Da sempre vado invocando un'attenzione da parte del bel paese per i film di genere, ma se l'attenzione deve essere questa, allora mi tengo stretto Ozpetek e non parlo più.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Il demonio... anzi no la morte... cioè volevo dire la sfiga...ok ci sono, Armand Assante è brutto, cattivo e fa foto.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Ma non scherziamo per carità...

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Vietatissimo, n.c.

Se avete da 20 a 30 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 30 a 40 anni: Vietatissimo, n.c.

Se avete da 40 anni in su: Vietatissimo, n.c.

Smile (Italia 2009)
Regia di Francesco Gasperoni
con Armand Assante, Harriet Mac-Master Green


JULIE & JULIA: Scema e più Scema


Dunque c'è una Amy Adams perennemente preoccupata di nulla e con la lacrima facile che decide di scrivere un blog di cucina. Ma attenzione non si tratta di cucina normale, ma delle ricette che Julia Child ha provato e brevettato più di 50 anni fa. Chi è Julia Child ? Mi chiederete voi, semplice, altri non è che una Meryl Streep perennemente ubriaca ed ebete, capace di aggirarsi nella Parigi degli anni 50 con la stessa disinvoltura e la grazia di un grasso pachiderma in una cristalleria. Julie & Julia, ennesima prova della scarsa attitudine alla regia di Nora Ephron, parte lento per procedere stentato e concludersi in un nulla di fatto, portando sullo schermo il vuoto pneumatico per la bellezza di 120 minuti. Se la sceneggiatura non è certo delle migliori, non si può certo dire che le sue interpreti le rendano giustizia, aggirandosi senza una meta precisa per quasi la totalità del film. Personaggi sfumati ed eterei, altri tagliati con l'accetta, situazioni che dovrebbero essere divertenti ma non lo sono, telefonati imbarazzi e retorici pistolotti perbenisti, questi gli ingredienti di un dolce che sa proprio di poco. Se disseminate qua e là le occasioni per dare un pò di pepe alla vicenda non mancavano di certo, la condizione della donna e il periodo buio del Maccartismo, la scelta di quella buona donna della regista è chiara e semplice: evitare accuratamente ogni polemica e ogni spunto di riflessione, concentrandosi invece sulle uova in camicia, la ricerca della felicità e l'uso smodato di burro. Poco, troppo poco per un film che avrebbe almeno dovuto essere divertente, risultando invece noioso e stupido, preda com'è delle selvagge interpretazioni allo stato brado di due protagoniste incapaci di tenere a freno la propria gigioneria. Irritante.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso, poi Mirco finita la pioggia si incontra e si scontra con Licia e così.....

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Meryl Streep imbraccia un fucile e fa fuoco sui soldati nemici...no forse no, temo di aver avuto un'allucinazione causata dalla stanchezza.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Nora Ephron (la regista) è tra gli altri responsabile di insonnia d'amore e C'è post@ per te.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Mamma che palle, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6,5

Se avete da 20 a 30 anni: Caruccio, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Inutile, 5

Se avete da 40 anni in su: Stupido, 4

Julie & Julia (Usa 2009)
Regia di Nora Ephron
con Meryl Streep, Amy Adams

IL NASTRO BIANCO: Oltre il capolavoro


L'innocenza e la colpa, il bene e il male, la vita e la morte. Haneke firma una parabola cinematografica dall'abbagliante rigore formale, una gelida riflessione in bianco e nero sulla natura dell'essere umano. Il peccato come frutto marcescente di una colpa antica e fortemente radicata, l'impensabile come impossibile soluzione eppure logica conseguenza delle aberranti azioni dei nostri padri, dei nostri fratelli, dei nostri figli. Un villaggio preso ad esempio, la vita di tutti e la vita di uno solo, testimoni muti eppure estremamente eloquenti di un orrore strisciate che fa paura. la coscienza collettiva come alibi e scusa, l'obbedienza come unico credo e cieca conseguenza dell'essere umani. Il nastro bianco, la purezza di uno sfavillante bianco e nero, la lucidità folle e geniale di un regista folle e geniale che ricorda il miglior Bergman. Le parole muoiono in gola mentre si fa largo negli occhi di chi guarda la verità, i denti si serrano mentre la potenza della glaciale poetica di Haneke ci investe pancia, cuore, gambe e muscoli. Un cupo pessimismo si fa largo nella nostra anima, lasciandoci disarmati, indifesi, terrorizzati, incapaci di spiegare a parole l'agghiacciante bellezza di ciò che abbiamo visto. Le ossa si spezzano e una parte di noi tutti muore, mentre la morte e la storia regnano su tutto...intanto il cinema vola alto, altissimo.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
1913 In un piccolo villaggio iniziano ad accadere cose orribili.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Dal primo all'ultimo minuto, ipnotico.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Il film ha vinto l'ultima edizione di Cannes, Isabelle Hupper presiedeva la giuria che ha premiato il film, in evidente conflitto di interessi, visto che la bella presidente aveva lavorato con Haneke ne La pianista. Il regista è soprattutto noto per le due versioni (originale e remake) del bellissimo Funny Games. Haneke è e resta uno degli autori più interessanti attualmente attivi.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Mamma non ho capito niente, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Mamma ho capito poco, n.c.

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Oltre il capolavoro, 10

Se avete da 40 anni in su: Oltre il capolavoro, 10

Il nastro bianco (Das Weisse Band, Austria 2009)
Regia di Michael Haneke
Con Ulrich Tukur, Susanne Lothar

L'ULTIMA CASA A SINISTRA: Times, they are changin'


Times, they are changin' cantava molti anni fa il buon Bob Dylan. Mai affermazione fu più vera di così, soprattutto di questi tempi. L'occasione per citare Dylan, mi viene dritta dritta dalla visione del remake del classico L'ultima casa a sinistra. In un panorama cinematografico asfittico e senza idee, la pratica del remake selvaggio si è ormai imposta come nuova cifra stilistica, soprattutto nello strano universo del cinema horror. Non aprite quella porta, Le colline hanno gli occhi, Venerdì 13, Halloween, Amitiville Horror, Nightmare e chi più ne ha, più ne metta, in un gioco all'accumulo che non conosce tregua o pietà. In questo desolato clima e in una serata senza aspettative, ecco dunque farsi largo sul mio lettore dvd il remake de L'ultima casa a sinistra. L'occasione è quindi ghiotta per tirare le somme e fare qualche considerazione sugli ultimi frutti (marci) di questa malsana tendenza. Se escludiamo Halloween diretto con piglio autoriale da Rob Zombie, tutti i film sopra citati nulla tolgono e nulla aggiungono ai classici a cui si rifanno. Quello che risalta invece, oltre all'inutilità dell'operazione (si pensi alla pedissequa messa in scena di Venerdì 13) è il cambiamento culturale mostrato da queste pellicole. Se ora come allora il canovaccio non cambia, la vera assente è quella vena sovversiva e politicamente scorretta che abbondava allora e latita ora. Pensando per esempio alla pellicola che ha dato il la a questa digressione, è giusto notare, come L'ultima casa a sinistra (versione originale) sia una delle più terrificanti via crucis in cui si possa imbattere uno spettatore, la violenza per nulla estetizzata invadeva ogni inquadratura, rendendone malsana la visione. Ne L'ultima casa a sinistra (remake) invece, l'esperienza visiva resta superficiale, mai sfiorando nemmeno minimamente il viscerale livello di coinvolgimento suscitato dall'originale. Non solo, il progressivo "imborghesimento" estetico che ha recentemente ammantato i mostri sacri del genere, lascia spazio ad una distorta visione pericolosamente destrorsa dell'onnipresente dente per dente. Se nell'originale la giovane protagonista veniva torturata e uccisa dai balordi che aveva avuto la sventura di incontrare, giustificando poi la violenta reazione dei genitori, nel remake la protagonista non subisce la stessa sorte, di fatto quindi la sua sopravvivenza non giustifica affatto la reazione dei parenti. La stessa rappresentazione della violenza non è più sporca, sordida, quasi documentaristica, ma estremamente pulita, estetizzata, quasi chirurgica. Concludendo se negli anni '70 si producevano film per sconvolgere gli schemi e con loro gli spettatori, ora a millennio inoltrato, sembra che la tendenza sia quella di ricucire quegli strappi, curare quelle ferite e quei tagli, ammantando tutto con una massiccia dose di candide, moralizzatrici ed impenetrabili bende. Per nostra fortuna il cinema francese ci ha recentemente regalato un capolavoro chiamato Martyrs, la Svezia ci ha sorpreso con Lasciami entrare e in ultimo pare che John Carpenter goda di una salute di ferro.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Non bisogna raccontare le bugie ai genitori, altrimenti il Signore ti punisce...

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Quelle belle inquadrature immobili a rappresentare una natura immobile...

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Forse non tutti sanno che l'originale è stato diretto da Wes Craven, ma è anche farina del sacco di Sean S. Cunningam responsabile del fenomeno Venerdì 13.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Impressionante, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Già visto, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Noioso, 4

Se avete da 40 anni in su: Patetico, 3

L'ultima casa a sinistra (The last house on the left, Usa 2009)
Regia di Dennis Iliadis
Con Sara Paxton, Monica Potter