KING KONG: Senza tempo


King Kong, ho visto l'ennesima versione di King Kong. Quello del '33 lo hanno visto tutti i cenefili e quello prodotto da De Lurentiis lo hanno amato tutti quelli che hanno più o meno la mia età (37). I miei coetanei purtroppo ricorderanno anche un terrificante seguito, sempre targato De Laurentiis e frutto dei sempre sopravvalutati anni '80. Poi è arrivato Peter Jacson, reduce dai fasti della trilogia del Signore degli Anelli. Devo essere sincero, lo avevo snobbato al momento della sua uscita al cinema, non lo avevo minimamente considerato al suo debutto in dvd e l'avevo deliberatamente ignorato nei suoi passaggi sul satellite. Ora come il canone della tv, mi si è ripresentato in edizione blue ray e questa volta ho ceduto, infine capitolando. Detto questo, diciamolo chiaramente, King Kong è un grandissimo film, una storia che si dimostra essere senza tempo, pronta a cavalcare le onde del tempo per toccare il cuore di altre decine di generazioni. Ancora ricordo quando vidi il "mio" Kong al cinema, ne rimasi folgorato, ero un bambino e da allora per me la settima arte non è stata più la stessa. Jackson, regista sempre personale ma soprattutto sensibile, guarda con infinito amore al passato, regalandoci una cosa davvero rara per il cinema di oggi: la meraviglia. Non parlo di effetti speciali (ora anche filmacci come Kaw o Bats 2 hanno effetti speciali quasi decenti) ma della straodinaria avventura che investe i protagonisti sull'isola del teschio e che lascia letteralmente a bocca spalancata. Indigeni cattivissimi e raccapriccianti, animali preistorici di tutti i tipi, cadaveri a badilate e un Kong scatenato. Il resto del film non è da meno, l'incipit è lento ed ha il respiro dei vecchi film di Hollywood, mentre la parte finale a New York alterna cardiopalma a romantica poesia. Chiude il film, l'esatta riproposizione della battuta finale del film del '33, lasciando l'amante di cinema colpito, il cinefilo soddisfatto ed il sottoscritto sinceramente commosso. Senza tempo, al di là del bene e del male.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Questa volta sono davvero due parole: King Kong.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'ora abbondante di film ambientata sull'isola del teschio.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Un paio di chicche per cinefili. Verso l'inizio, Jack Black cerca un'attrice per il suo film e ad un tratto gli viene in mente il nome di Fay (ovviamente Wray), ma il suo collaboratore lo blocca dicendogli che purtroppo è impegnata a girare un film con la RKO. Fay Wray è la star del primo King Kong e ovviamente la RKO era la casa cinematografica che lo produsse. Un'altra scena vede un comandante in una jeep inciare le truppe contro il gigantesco scimmione, la parte è interpretata da Donald Sutherland, in un cameo non accreditato (la scena però credo sia compresa solo nell'extended cut del film). In ultimo uno dei miei primi ricordi è proprio legato a King Kong, infatti nel '76 (anno di uscita del film di De Laurentiis) venne organizzato una specie di tour nei parchi di divertimento italiani. Io, i miei genitori e il mio immancabile cugino, visitammo un tendone a Fiabilandia (Romagna) dove giaceva la testa e un braccio del King Kong realizzato da Carlo Rambaldi. Un ricordo indelebile, un'emozione incredibile.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Bellizzzzzimoooo, 10

Se avete da 13 a 20 anni:
Bellissimo, 10
Se avete da 20 a 30 anni:
Bello, 8
Se avete da 30 a 40 anni:
Calde lacrime, 10
Se avete da 40 anni in su:
E' King Kong..., 6


King Kong (Usa 2005)
Regia di Peter Jackson

Con Naomi Watts, Jack Black, Adrien Brody.

LA CLASSE: Splendido, Sincero, Orribile


Le parole pesano come macigni e ogni inquadratura ha la grazia dei momenti irripetibili nel film di Laurent Cantet. La vita e la scuola come non le abbiamo mai viste, le coscienze di quelli che potrebbero essere i nostri figli o più semplicemente le donne e gli uomini di domani. I professori con le loro debolezze e le loro preferenze, la loro forza e la loro arroganza, la loro pietà e la loro stupidità, la loro disperata umanità e la loro tragica vigliaccheria. Anche il migliore può cadere, il campione dei campioni può inciampare e soprattutto può decidere di salvarsi e condannare qualcun altro. Le parole pesano come macigni e ogni decisione presa dovrà portare il peso della colpa. Radiografia e autopsia della scuola pubblica francese, ma cartina tornasole di un disagio universale che tranquillamente può far rima con la parola Italia, La classe mostra l'orrore, l'inquietante verità, la spiazzante umanità di un corpo insegnante vigliacco ed inadeguato, meschino e codardo, contrapposto all'assordante gioventù degli studenti, il prezzo da pagare è altissimo: l'ignoranza. L'ignoranza, che regna sovrana, spazzando via le buone intenzioni e le ottime premesse, l'ignoranza candidamente ammessa e confessata da una studentessa a fine anno, simbolo di milioni di ragazzi che non capiscono, non sanno e non vogliono sapere. L'orrore di un futuro immutabile, di una condanna senza appello, l'eco di una frase terribile e lapidaria che echeggia in una classe ormai vuota... Professore io non ho imparato niente... In cortile alunni e professori si sfidano ad una partita di calcio, liberatoria, consolatoria, inutile, come solo le partite di calcio sanno essere... mentre la classe ora giace vuota e silente, finalmente arresa a quel nulla che pervade tutto e tutti.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Un anno scolastico in una scuola francese di periferia, vista attraverso gli occhi di un insegnante di lettere.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutto il film, ogni sequenza è imperdibile.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Intanto questa recensione la dedico al mio amico Mattia. In primo luogo è stato lui ad insistere perchè guardassi questo film e in secondo luogo domani è il suo compleanno e questo è il minimo che io possa fare per il mio lettore più assiduo. Francois Begaudeau, il protagonista, non solo è un vero professore, ma è anche l'autore del libro da cui il film è stato tratto. Gli studenti sono ovviamente assolutamente reali. Il regista, Laurent Cantet, è già stato autore del bellissimo Risorse umane e dello spiazzante A tempo pieno.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Educativo, 7

Se avete da 13 a 20 anni:
Educativo, 8
Se avete da 20 a 30 anni:
Educativo, 7
Se avete da 30 a 40 anni:
Educativo, 10
Se avete da 40 anni in su:
Educativo, 8


La classe (Entre les mures, Francia 2008)
Regia di Laurent Cantet
Con Francois Begaudeau

BABY MAMA: Assolutamente gradevole


Che Dio benedica l'estate e i suoi film. Mentre Harry Potter incassa come un piccolo Scrooge, facendo parlare di se a più non posso, ecco farsi timidamente largo nell'asfittica programmazione estiva, Baby mama, commediola senza pretese che ha però il raro dono del garbo. Completamente ammaliato da questo tipo di piccole pellicole (ricordo ancora con grandissimo affetto film come Kinky Boots o Imagine Me & you), mi riscopro assolutamente partecipe delle vite dei protagonisti, delle loro scelte, delle loro lacrime e dei loro sorrisi. Pur non brillando di originalità, Baby Mama, porta con se un bel carico di garbo, una spruzzatina di demenzialità (il personaggio di Steve Martin) e un'abbondante dose di buona recitazione e ottima scrittura. Il film vola così diretto e sparato verso un telefonatissimo happy end, che però non disturba, anzi scalda il cuore. Non è scritto da nessuna parte che i film debbano stupire ad ogni piè sospinto, tirando fuori dal cilindro conigli e fazzoletti colorati ad ogni occasione, anzi ben venga a volte adagiarsi nella comoda poltrona di un cinema e farsi coccolare dal placido senso di sicurezza che regala l'ovvietà. Alla fine dei giochi, il cinema è un pò come la vita, il finale è scontato, ma quel che conta è divertirsi lungo il cammino. Date un'occasione a Baby mama, se non vi sorprenderà, di certo vi regalerà qualche bella emozione. Non è poco.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una donna single alle soglie degli 'anta desidera disperatamente un bambino. Dopo averle provate tutte, decide di affidarsi ad una madre per procura, una donna fertile in grado di concepire un figlio da un suo ovulo fecondato.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutte quelle che mettono in risalto le differenze tra le due protagoniste.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
La protagonista Tina Fey, in patria è una vera e propria celebrità grazie allo show 30Rocks, divertentissima serie sul mondo della tv. Il ruolo del protagonista maschile è affidato a Greg Kinnear, volto piuttosto noto della commedia a stelle e strisce, azzeccatissima la sua performance in Little Miss Sunshine (film che personalmente adoro), ma soprattutto indimenticabile nel ruolo del vicino di casa gay di Jack Nicholson nel sopravvalutato Qualcosa è cambiato. In piccoli ruoli troviamo anche Sigourney Weaver (inattiva da molto tempo e celeberrima per la sua Ripley nella saga di Alien), Maura Thierney (la Ebbie Lockart del meraviglioso ed irripetibile E.R.) ed infine Steve Martin, attore da molto lontano dalle scene, ma che in passato ha divertito un paio di generazioni (per amatori lo ricordiamo nel demenziale Lo straccione, per cinefili nel fantastico Grand Canyon e per Mattia nel ruolo del dentista pazzo e sadico de La piccola bottega degli orrori).


VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino, 6

Se avete da 13 a 20 anni:
Bello, 7
Se avete da 20 a 30 anni:
Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Molto carino
, 6,5
Se avete da 40 anni in su:
Bellissimo, 8


Baby Mama (Usa, 2008)
Regia di Michael McCullers
Con Tina Fey, Amy Poehler

I LOVE RADIO ROCK: Welcome to the '60


Film ingenuo e prevedibile, a tratti scontato e telefonatissimo, eppure estremamente piacevole, colorato, caciarone, vitale e poetico. Tipico esempio di film non privo di difetti, ma comunque nobilitato dalle intenzioni, I Love Radio Rock è il manifesto di una generazione, il ritratto cangiante e psichedelico di un'epoca, gli anni 60, che non è mai passata del tutto, reiterata nei suoni, nei colori, nelle mode, nei sogni, negli ideali e nei ricordi di chi quegli anni li ha vissuti. Il grande merito del film infatti, è quello di dare forma, sostanza e voce ad un periodo storico senza eguali, teatro di una rivoluzione culturale che ha scosso le vite e i sogni di intere generazioni a venire. I Love Radio Rock è l'istantanea degli anni migliori delle nostre vite, la fotografia di uno zenit assoluto a cui sarebbe seguito un lento ed inevitabile nadir, la testimonianza affettuosa e partecipata di un'età in cui si aveva la palpabile sensazione che tutto fosse possibile. All'interno di questa spettacolare cornice, si muovono le vite dei protagonisti, i loro amori, le loro voci, i loro sbagli e i loro sogni, ma soprattutto a farla da padrona è la musica, vero faro di ribellione e speranza, assordante squillo di tromba, capace di destare coscienze e smuovere inconfessabili desideri. La musica, vera protagonista di quegli anni in vinile, reale motore e chiassosa testimone di un cambiamento, voce e anima di un messaggio che con il passare degli anni, sembra sempre più lontano e fioco, come le storie dei suoi protagonisti, le parole che lo hanno contraddistinto e i sogni che lo hanno colorato. No Surrender, Don't Forget, Love Radio Rock.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Regno Unito, Anni 60, la BBC trasmette non più di 45 minuti di musica rock al giorno, le radio private, in quanto fuorilegge, restano ancorate al largo del mare del nord e trasmettono musica 24 ore su 24, Questo film è la storia di una di esse.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Moltisime in realtà, il protagonista tradito dalla ragazza che ama, il dj straziato che canta Don't leave me Baby, il finale... c'è solo l'imbarazzo della scelta.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Il regista Richard Curtis è lo stesso del bellissimo (chiaramente a mio parere) Love Actually, altro film corale, che ha per tema l'amore in tutte le sue forme e derivazioni. Commedia con sterzate di drammatico realismo, si lascia alle spalle ben più noti antagonisti come Notting Hill o 4 Matrimoni e un funerale, regalandoci la miglior pellicola di questo genere e ponendo una bella pietra tombale sull'argomento. Due paroline sul cast: Bill Nighty ha interpretato fior fiore di pellicole britanniche, tra cui Love Actually (faceva la rockstar), L'alba dei morti dementi (il patrigno di Shawn), la saga di Underworld (il patriarca dei vampiri) e il delizioso Still Crazy, piccolo gioiello semi dimenticato sulle gesta di una vecchia band rock in odor di revival. Philip Seymour Hoffman è l'eccelso protagonista di pellicole come Il dubbio, Magnolia, Thruman Capote, Boogie Nights e il geniale Happyness (capolavoro assoluto). Kenneth Branagh è il blasonato regista di film quali Enrico V, L'altro delitto, Amleto, Molto rumore per nulla, Frankenstein di Mary Shelley e soprattutto il meraviglioso Nel bel mezzo di un gelido inverno. Infine Rhys Ifans altri non era che il pazzo compagno di appartamento di Hugh Grant in Notting Hill.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Bello, 7

Se avete da 13 a 20 anni:
Molto bello, 7,5
Se avete da 20 a 30 anni:
Bellissimo, 8
Se avete da 30 a 40 anni:
Fantastico, 9
Se avete da 40 anni in su:
Non riesco a smettere di piangere, 10


I love Radio Rock (the Boat that rocked, Uk 2009)
Regia di Richard Curtis
Con Philip Seymour Hoffman, Kenneth Branagh, Bill Nighy, Rhys Ifans

CROSSING OVER: Ottimo


Gran brutta trappola i film corali. Se hai la fortuna di chiamarti Altman e di avere due attributi dalla spropositata grandezza, allora tutto bene, ma se per sbaglio il tuo nome è Haggis (nome che ricorda per altro una nota marca di pannolini) allora devi stare molto attento. Doverosa premessa questa, per dire che molto spesso la parola corale, non fa certo rima con capolavoro, anzi, considerate per esempio che l'italianissimo e bruttissimo Ex, è da considerarsi come tale. Crossing Over, diciamolo subito, ce la fa e compie il miracolo estivo di proporre un bel intreccio di storie, interpretate da un manipolo di attori ben motivati e credibili. Seguendo il filo rosso del problema immigrazione, facciamo così la conoscenza di un agente di polizia dal cuore d'oro, di un burocrate piuttosto viscido, di un avvocatessa determinata, di una madre alla ricerca del figlio, di una ragazzina finita nei guai per le sue idee riguardo l'11 Settembre e di altri tantissimi personaggi, tutti all'altezza del nostro tempo e della nostra attenzione. Il pregio più grande di un film come Crossing Over è la scarsa prevedibilità dello sviluppo, andando infatti contro ogni logica hollywoodiana che si rispetti, il film prende direzioni sempre nuove e a tratti inaspettate. Se certe cose risulteranno sicuramente telefonate, altre appariranno originali nell'approccio e nello svolgimento, portando lo spettatore in un territorio poco frequentato fatto di buona scrittura, interpretazioni misurate ed ottimo cinema. Crissing Over è un film corale capace di osare e di concludere alcune delle storie al suo interno senza quel fastidioso happy end che caratterizza tanto cinema, certo a volte la retorica fa capolino, ma la luce emanata da ciò che passa sullo schermo è tale, da far dimenticare ogni difetto. Ottimo, ottimo, ottimo cinema.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Sullo sfondo della modernissima Los Angeles, si muovono le storie e le vite di una serie di persone, determinate ad entrare negli Stati Uniti e a restarci ad ogni costo, avendo come unico traguardo la famosa carta verde, unico passaporto per la cittadinanza americana.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Su tutte, il giuramento.

L'ANGOLO DELL' INTRIGANTE NOZIONISMO
Il film raccoglie tre attori un tantino "alla canna del gas". Ashley Judd, che ebbe un periodo di bulimia artistica grazie a Il collezionista (thriller un pò stantio al fianco di Morgan Freeman), Ray Liotta, indimenticabile protagonista del magnifico Quei bravi ragazzi (regia di Martin Scorsese, Oscar per Joe Pesci come non protagonista) e del dimenticato Nick e Gino (delicato film sull'amore di due fratelli al fianco di un grandissimo Tom Hulce), ma soprattutto Harrison Ford, capace di dare carne e voce a due eroi cinematografici imprescindibili (Han Solo di Guerre Stellari e Indiana Jones), in grado di affrontare con professionalità capolavori noti (Blade Runner) e meno noti (Frantic). I tre caballeros sopra citati però risultano al secolo piuttosto invisibili, la Judd si è infognata con una pellicola intellettualoide di Friedkin (Bug, recensito tra l'altro in questo stesso blog), Ray Liotta, ha fatto parlare di se grazie al film Bee Movie (l'ape protagonista fa causa proprio a lui e alla sua multinazionale produttrice di miele) e in ultimo Harrison Ford si è dilettato in qualche inutile thriller (l'insulso Firewall) per poi finire a rivestire i panni dell'archeologo più famoso del cinema, in una pellicola (la numero 4) non priva di problemi.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Noioso, 5

Se avete da 13 a 20 anni:
Non male, 6,5
Se avete da 20 a 30 anni:
Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni:
Davvero Bello, 8
Se avete da 40 anni in su:
Bellissimo, 8,5

Crossing Over (Usa 2008)
Regia di Wayne Cramer
Con Harrison Ford, Ray Liotta, Ashley Judd.

ADVENTURELAND: Remember, Remember...


Più di tanti film citati a sproposito e ingiustificatamente amati, Notte prima degli esami su tutti, Adventureland ha il grandissimo pregio di restituire un'epoca, un sentimento e delle sensazioni, che chiunque sia stato giovane nel bel mezzo dei fottuti anni '80, ha condiviso, vissuto e subito. Il passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta, le prime cotte, le prime delusioni, la verginità, l'imbarazzo, la sensazione di essere nel posto sbagliato, il cameratismo, lo spaesamento della crescita, la ricerca di un ideale, l'invidia, l'amore, la cocente delusione, la musica come un faro, la famiglia che non ti capisce, l'innocenza e la perdita di essa, le speranze e i sogni, la fuga e la vita... Questo significava essere giovani nei fottuti anni '80, l'ultima volta in cui è stato davvero possibile essere giovani, sbagliare, cadere e risorgere. Dopo di allora, l'innocenza ha preso l'ultimo treno, gli ideali hanno fatto fagotto e la musica è diventata tascabile, sembra che ora non sia più possibile essere giovani, il mondo è abitato da piccoli adulti, con bisogni da adulti e meschini sogni da adulti. Adventureland non è una commedia ma una lucida riflessione su quegli anni di plastica, in cui una generazione intera sognava e amava, cresceva e cambiava, cantava e scriveva, un serio e disincantato sguardo al passato, privo di caciarona nostalgia e strizzatine d'occhio al manipolo di ultra trentenni presenti in sala, un viaggio andata e ritorno su di una scomoda macchina del tempo, incapace di fare sconti, ma pronta a restituirci l'immagine di quello che eravamo. Bellissimo film Adventureland, non liquidatelo come stupida commediola estiva, non lo è, anzi ha la rara capacità di insegnare qualcosa, senza avere la presunzione di farlo. Coccolate Adventureland, perchè come tutta quella generazione perduta nel tempo, nello spazio e nel significato che il film racconta, ha solo bisogno di amore.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il bello e liberatorio giro sugli autoscontri al suono di Just like Heaven dei Cure....

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma un pò noioso, 6

Se avete da 13 a 20 anni:
Carino, 6,5
Se avete da 20 a 30 anni:
Molto carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni:
Bello, 8
Se avete da 40 anni in su:
Molto carino, 7


Adventureland (Usa 2009)
Regia di Greg Mottola
Con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart

LOUISE MICHEL: Da amare


A volte qualcuno mi guarda e afferma: -Certo che tu sei proprio appassionato... - Io di solito faccio spallucce e annuisco con una certa convinzione. La verità è che non potrebbe essere altrimenti e anzi non riesco a spiegarmi come ci sia tantissima gente a cui il cinema non interessa. So che ultimamente il grande schermo ci ha rifilato delle belle porcherie, non lesinando i colpi al basso ventre, ma basta un film come questo e la pace è cosa fatta. Louise Michel è la pellicola giusta al momento giusto, il raggio di sole capace di squarciare un grigio cielo fatto di Transformers e Terminator. In due parole bisogna assolutamente ricordare la trama: Un gruppo di operaie che hanno perso il lavoro a causa del fallimento della fabbrica in cui lavoravano, decidono di investire la liquidazione per pagare un killer professionista che uccida l'ex padrone. Vi rendete conto dell'assurda genialità di questo plot? Basterebbe quest'idea a far gridare al miracolo, ma c'è molto di più e il risultato è esilarante. Tra soluzioni narrative da applauso, trovate surreali e fugaci riflessioni sulla comune condizione del vivere, Louise Michel fila dritto verso la sua meritata e commovente conclusione, facendoci provare completa empatia per le vite dei due protagonisti. Due esseri umani da amare in modo incondizionato, per la loro singolarità e la loro fragile assurdità, due schegge inpazzite, generate da un Big Bang chiamato genere umano e ritrovatesi, finalmente pronte a precipitare di nuovo sulla terra, tra i loro simili, non più separate, ma unite, anzi abbracciate.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Una su tutte è spettacolare, senza svelarvi nulla, vi dirò solo che ne è protagonista la cugina malata terminale di Michel.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma un pò noioso, 6
Se avete da 13 a 20 anni:
Molto carino, 6,5
Se avete da 20 a 30 anni:
Bellissimo, 7,5
Se avete da 30 a 40 anni:
Fantastico, 8
Se avete da 40 anni in su:
Splendido, 8,5

Louise Michel (Francia 2008)
Regia di Gustave de Karvern e Benoit Delepine

Con Yolande Moreau, Bouli Lanners


PAROLE SANTE: Aria pulita


Aria fresca e pulita. Finalmente. Parole sante è il documentario che ci voleva, quello giusto e ben realizzato. Il documentario che non si parla addosso, ma che fa parlare i protagonisti, il documentario che personalmente mi ha momentaneamente riconciliato con il cinema italiano. Ascanio Celestini, entra nel mondo del call center più grande d'Italia, ne intervista i lavoratori e ne spiega dettagliatamente il funzionamento. Come si diceva, aria fresca, parole vere e parole sante, perchè vere, più vere del vero. Persone che hanno perso il lavoro, l'universo del precariato, la legge 30, le storie, le facce, i sindacati, gli scioperi, gli accordi, le iniquità, il lavoro, la politica e l'Italia. L'italia, questo nostro paese, messo a nudo dalle parole di chi guadagna 500 euro al mese e da chi non guadagna più nemmeno quelli. L'Italia, la sua gente e la politica, così distante dalla gente e così distante dall'Italia. In un passaggio molto azzeccato, uno degli operatori del call center lamenta che la sinistra è diventata intelletuale e ha abbandonato i quartieri proletari, ora appannagio dei fascisti. Parole lucide e taglienti, parole sante capaci di far correre la mente alle lotte operaie per la conquista dei diritti dei lavoratori e capaci di farle apparire preistoria, di un paese che va avanti, incapace di capire che non sta andando da nessuna parte.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'intervista ai due sindacalisti.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Che palle mamma, 2
Se avete da 13 a 20 anni:
Obbligatorio per crescere, 10
Se avete da 20 a 30 anni:
Obbligatorio per capire, 10
Se avete da 30 a 40 anni:
Obbligatorio per incazzarsi, 10
Se avete da 40 anni in su:
Obbligatorio per piangere, 10

Parole sante (Italia 2008)
Regia di Ascanio Celestini

TRANSFORMERS 2: Estetica dell'urlo


Transformers 2 è una vera vaccata. Detto questo però, vale la pena soffermarsi un pochino sulla regia di Michael Bay. La sua tendenza a filmare elicotteri che volano al tramonto è ormai nota ed a proposito di essa vengono già tenuti corsi di laurea e seminari appositi, nelle più blasonate università del globo. Quello però che fino ad ora nessuno ha notato e teorizzato di conseguenza, è la tendenza del nostro a infarcire le sue pellicole di efficaci sequenze al rallentatore in cui i protagonisti di turno gridano a squarciagola. Per capirci, nel bel mezzo di uno scontro a fuoco uno dei personaggi o più di uno uniti in un meraviglioso coro greco, gridano a rallentatore le parole Noooooooooooooooooo!!!!!!!!!! oppure AAAAAAAAAAAhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!! infine possono rivolgersi al protagonista in pericolo (come nel caso di Transformers 2) con un efficace, SSSSaaaaaammmmmmm!!!
Michael Bay ha fatto di quest'arte (?!?) la sua missione e devo dire che spende lacrime, sudore e sangue per spremere sofferenza dai suoi attori, in Transformers 2 per esempio, nel rocambolesco finale si gioca all'accumulo, affastellando una mezza dozzina di NOOO, una quindicina di AAAAHHH e un paio di significativi, strozzati e sofferti SSSAAAMMM, ora lascio a voi giudicare se questo è un valore aggiunto oppure no, per quel che mi riguarda un urlo al rallentatore è sempre un qualcosa in più, un apostrofo rosa tra le parole distruzione totale e protagonisti in pericolo di vita. Passando al film, purtroppo le pernacchie si sprecano, Autobots imbecilli (due gemelli robot di dubbio gusto, che dovrebbero essere la parte comica del film), spunti interessanti lasciati cadere nel cesso (i cattivi sono in grado di creare robot umani dalle indubbie capacità e versatilità), confusione geografica (tutta la parte finale del film si muove avanti e indietro, tra Egitto e Giordania con una disinvoltura da far invidia), infine i siparietti comici sono lunghi e inopportuni (la madre "fatta" che si aggira per il campus è imbarazzante). Alla fine della fiera quello che ovviamente resta in testa sono i combattimenti dei transformers, assolutamente ineccepibili, ma francamente insufficienti a far dimenticare l'imbarazzante contesto in cui si svolgono. Finito il film, si accendono le luci e lo spettatore con un'età superiore ai 12 anni grida: NNNNNOOOOOO!!!!! Ovviamente a rallentatore.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutti i combattimenti, francamente notevoli.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Fantastico, 9
Se avete da 13 a 20 anni:
Bello, 8
Se avete da 20 a 30 anni:
Nnnnoooo, 5
Se avete da 30 a 40 anni:
Aaaahhhh, 4
Se avete da 40 anni in su:
Ssaaamm, 3


Transformers 2 (Usa 2009)
Regia di Michael Bay
Con Shia LeBoeuf, Megan Fox, John Turturro