TRASLOCO...


















Ebbene sì mi sono trasferito!
Ho cambiato casa, ho traslocato presso Wordpress.
Per tutti coloro che vorranno seguirmi anche là e per tutti quelli che vorranno sapere la mia opinione su AVATAR.
Questo è il link della mia nuova casa...
aperta a tutti voi


Vi aspetto tutti là

Houssy.

IL QUARTO TIPO: Spaventosamente furbo


Ritengo impossibile non cadere nella trappola tesa da Il quarto tipo, ennesimo esempio di finto cinema realtà. La struttura accattivante, i filmati "d'epoca", l'introduzione di Milla Jovovich, tutto concorre a creare quel senso di sospesa credibilità e costante dubbio, tipico del buon cinema di intrattenimento puro. Non c'è nulla di vero ne Il quarto tipo, eppure il film è talmente ben costruito da farci costantemente credere il contrario. Il sottoscritto pur sapendo di assistere ad una pura finzione, si è lasciato talmente conquistare e coinvolgere, da iniziare a dubitare di ciò che già sapeva. La verità è che un film come questo fa paura, inquieta, spiazza, lascia addosso una brutta sensazione di malessere, arriva ad insinuare il dubbio nelle nostre certezze. Il merito va alla misurata e mai invadente regia di Olatunde Otsunsanmi, capace di farci accapponare la pelle grazie a voci, sussurri, filmati video disturbati e incomprensibili idiomi antichi. La fantascienza di Spielberg è lontana anni luce, qui siamo nel campo delle sensazioni, del malessere suggerito e dell'apparizione semplicemente accennata. Non c'è nulla di plateale e manifesto ne il quarto tipo e proprio per questo, per questo terrore strisciante e non codificato, il film spaventa e terrorizza oltre ogni normale soglia di sopportCorsivoabilità. Facendo leva sulla nostra più primitiva e atavica sensorialità, il film, facendo tesoro dell'esperienza del mai abbastanza citato e lodato Blair Witch Project e dell'eccellente e recentissimo Paranormal activity, abbatte la barriera tra reale e probabile, regalandoci un'ora e mezza abbondante di brividi lungo la schiena. Una vera e propria via crucis in cui lo spettatore si ritrova inevitabilmente a fare i conti con le sue paure più nascoste ed ancestrali, senza mai smettere per un momento di riflettere su di una sceneggiatura sicuramente furba, ma di certo non priva di ottimi spunti. Concludendo Il quarto tipo è da considerarsi come la perfetta evoluzione di un genere che dagli anni '50 de La guerra dei mondi, passando per i '70 di Guerre stellari e gli '80 di E.T. ha oggi trovato la propria giusta continuità in pellicole come questa, così inquietanti, poco rassicuranti e terribilmente verosimili... esattamente come la realtà che viviamo tutti i giorni.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una cittadina dell'Alaska è funestata da inspiegabili sparizioni. Una psicologa indaga il fenomeno. Si troverà ad affrontare qualcosa che ella stessa faticherà a comprendere.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutte le finte scene di ipnosi... decisamente inquietanti.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Milla Jovovich è diventata un volto noto e riconoscibile grazie a Luc Besson che la volle come protagonista in quella colossale vaccata de Il quinto elemento. Successivamente la nostra ha vestito felicemente i panni di Alice nella trasposizione cinematografica del videogame Resident Evil, ruolo che ha rivestito anche nei successivi due seguiti.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Bellissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Molto carino, 7

Se avete da 40 anni in su: Terrificante, 7

Il quarto tipo (The forth kind, Usa 2009)
Regia di Olatunde Otsunsanmi
Con Milla Jovovich

PREVISIONI DI CINEMA: Dal 22 al 28 di Gennaio 2010

Come un bambino di fronte ad una pellicola che non ha ancora visto... Con questa quasi nuova rubrica (avevo cominciato a farlo tempo fa, ma poi avevo smesso) si inaugura un percorso nuovo di zecca. Il tentativo è quello di darvi un'indicazione sui film in uscita assolutamente arbitraria e basata unicamente sul buon senso e le mie esperienze personali. Di settimana in settimana andrò a darvi la mia opinione su film che in alcuni casi non ho ancora visto, con la promessa di smentire me stesso nel caso qualche pre-giudizio dovesse rivelarsi errato.



Cominciamo con il bellissimo film interpretato da George Clooney. Tra le nuvole, questo il titolo, è un amaro apologo sul presente, sulla solitudine e su ciò che rende degna la nostra vita. Un protagonista in stato di grazia e in odore di Oscar, una sceneggiatura solida come il marmo e tanta misura, per un film che senza sbavature e con tanta poesia, ci porta lontano. Si ride, ci si commuove, si riflette molto, insomma un pò come nella vita vera. Il regista, Jason Reitman, è lo stesso di Thank you for smoking e Juno. Ho già avuto occasione di vederlo e anche di recensirlo... personalmente l'ho adorato. Vivamente consigliato.




Nine
, è il nuovo film di quel miracolato di Rob Marshall, un uomo capace di brillare di luce diffusa ormai da anni, grazie a Chicago, musical un pò sopravvalutato che fece impazzire l'america qualche anno fa. Questo Nine prende le mosse da 81/2 di Federico Fellini, mettendo in scena gli amori, le ossessioni e la visionaria poesia del maestro emiliano. Protagonista di questo musical sui generis altri non è che il magnifico Daniel Day Lewis, capace di interpretare anche una patata se gliene fosse data la possibilità. Si prevedono molte candidature, ma pochi Oscar. Ci si aspetta molto colore, molta musica, belle coreografie ma anche tanta asettica perfezione. Più dubbi che entusiasmi.




Passiamo ad un film curioso e apparso dal nulla, First Snow. Thriller sul destino e l'ineluttabilità del medesimo, ha il suo punto di forza nell'interpretazione del suo protagonista, quel Guy Pearce che passerà alla storia del cinema per il magnifico ed indimenticabile Memento. Della partita anche Piper Perabo, brava e bella attrice già vista quest'anno nell'inedito in Italia Carriers. La Perabo è attrice mai banale, capace di alternare film alimentari (Le ragazze del Coyote Ugly, Il nascondiglio del diavolo) a piccoli gioielli d'autore (L'altra metà dell'amore, Imagine Me & You). Senza saperne nulla, francamente gli darei fiducia, se non altro per i suoi protagonisti. Certo, potrebbe essere il solito thriller sbiadito e inconcludente, ma il mio senso di ragno pizzica. Consigliato.




Restiamo nel campo della paura con Il quarto tipo, film che ha la pretesa di raccontare una storia vera, basata su vere documentazione filmate. Il tema dei rapimenti alieni, ultimamente un pò abbandonato, trova qui nuova linfa vitale, anche grazie all'interpretazione di Milla Jovovich (Il quinto elemento e la trilogia di Resident Evil). Tra un documento presunto vero ed un altro completamente finto, pare che il film faccia davvero paura e almeno da quanto si è visto nel traler, le promesse dovrebbero venir mantenute. Per un appassionato di horror come il sottoscritto, questo è il classico appuntamento imperdibile. A vostro rischio e pericolo.




Cuccioli-Il codice Marco Polo
è un film d'animazione italiano che non deluderà certo i bimbi che avranno la fortuna di farsi accompagnare al cinema dai compiacenti genitori. Frutto di un'animazione semplice e pura, senza citazionismo fine a se stesso ed ammiccamenti adulti, questo film si segnala per essere dichiaratamente dedicato ai più piccoli. Una trama accattivante che prende spunto dall'odio della Maga Cornacchia per la città di Venezia. Toccherà ai cuccioli del titolo tentare di sventare il diabolico piano della Maga, che prevede l'affondamento della città lacustre. Per tutti i bimbi e i compiacenti bimbi cresciuti che li vorranno accompagnare.




Concludiamo degnamente con L'uomo che verrà. Il film di Giorgio Diritti mette in pellicola la triste e controversa vicenda dell'eccidio di Monte Sole. Guerra, miseria, sofferenza e dolore, i partigiani da una parte e i tedeschi dall'altra. Per chi, come me, ha vissuto questa vicenda sulla propria pelle, nella propria casa, un appuntamento imprescindibile, per tutti gli altri un film importante per riflettere e per non dimenticare mai. Per una volta il cinema italiano non si occupa di amore di ricerca della felicità, ma della nostra storia. Consigliatissimo.

TERMINATOR SALVATION: Le derive del cinema d'intrattenimento e le faccende domestiche


Da mesi faceva bella mostra di se sul mio scaffale il bluray di Terminator Salvation. Oggi, considerato l'umore buono e la giornata bigia, ho deciso di rompere gli indugi e dare possibilità alla pellicola in questione di stupirmi. Dopo un breve prologo il film comincia e io spettatore smaliziato so già cosa aspettarmi da un titolo della franchise Terminator. Distruzione, i soliti robot di varie misure, le solite chiacchere, il solito John Connor, il solito sacrificio finale. La minestra è sempre la stessa, ad ogni film si mischiano un pò gli ingredienti ma il sapore non cambia mai. Anche Mc G (responsabile di quella porcata di Charlie's Angels) da par suo, rinuncia ad aggiungere sapori diversi e serve allo spettatore la stessa minestra di sempre. Il fatto è che Terminator Salvation è talmente uguale agli altri film della serie, che si può tranquillamente inserire il pilota automatico e dedicarsi ad altro. Così per esempio ho fatto io e dopo un'ora di assonnata visione ho cominciato a svuotare la lavastoviglie. A parte il garantirvi che ho potuto continuare a seguire il film anche senza vederlo, la storia finale compreso è sempre quella, devo dire che questo fatto mi ha portato a riflettere sul cinema di intrattenimento e sulla deriva che lo riguarda da vicino. Nessuno qui pretende di assistere a capolavori (anche se sarebbe bello una volta tanto), ma perlomeno potrebbe essere interessante far andare di pari passo gli effetti speciali (decisamente strabilianti rispetto ad anni fa) con la sceneggiatura (decisamente d'accatto rispetto ad anni fa). Sembra che il cinema di intrattenimento proceda per accumulo di effetti ed esplosioni, cercando così di far dimenticare le macroscopiche lacune di scrittura che pesantemente lo affliggono. Personaggi colpevolmente tagliati con l'accetta, caratteri appena abbozzati, spunti distrattamente lasciati in sospeso e non sviluppati. Terminator Salvation è un esempio (ma non è l'unico) di questo malato modo di fare cinema, l'eclatante manifesto di un'industria che ormai ripete se stessa, con ben poche eccezioni, pervicacemente determinata a sfruttare fino all'esaurimento qualsiasi buona idea, pronta a saccheggiare il mondo dei fumetti e delle serie tv senza ormai alcun ritegno, incastrata in un diabolico loop fatto di sequel inutili e remake deficienti. Un'industria che sta cambiando e che per come l'abbiamo conosciuta sta lentamente morendo. TERMINATOR DOOMSDAY

P.S. In attesa di vedere cosa inventeranno nel prosimo film. Forse Skynet deciderà di mandare un Terminator indietro nel tempo per uccidere la mamma di Sarah Connor, cioè la nonna di John Connor.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
C'è John Connor, la resistenza e i Terminator. Bum, Bang, Crash. Fine.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Nessuna scena è degna di essere ricordata.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Sam Wothington è nelle sale con Avatar e presto lo vedremo nel remake di Scontro doi titani. Christian Bale è uno degli attori più bravi di questo momento storico. Avendo cominciato a fare cinema giovanissimo (era protagonista nel bellissimo L'impero del sole di Spielberg) si è recentemente imposto all'attenzione del pubblico grazie a film come L'uomo senza sonno (francamente sopravvalutato), The prestige (decisamente bello), Nemico pubblico (meraviglioso ultimo film di Michael Mann) e gli ultimi due Batman (di cui il secondo è un capolavoro) diretti da Christopher Nolan.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Fantastico, 9
Se avete da 13 a 20 anni: Bello, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Solita zuppa, 5

Se avete da 40 anni in su: Tempo perso, 4

Terminator Salvation (Usa 2009)
Regia di Mc G
Con Christian Bale, Sam Worthington



HACHICO: Emozione e lacrime


Chi come me si è accostato a questo film controvoglia, un pò per caso, spinto forse dall'intenzione segreta ed inconfessabile di deriderlo, rimarrà profondamente sorpreso. La storia vera (quasi, è ovvio che tutto è traslato in ottica occidentale) del cane Hachico, capace di aspettare il ritorno del padrone fino alla fine dei suoi giorni, risulta certamente stucchevole, gratuita e costruita a tavolino, ma innegabilmente commuove e coinvolge. Pur cercando di mantenere un compassato distacco critico, riesce impossibile non farsi emozionare dalla vicenda narrata in questo film. Se le vere protagoniste della vicenda sono le lacrime, capaci di sgorgare naturali e copiose più volte durante la visione, non si può certo negare l'afflato di sincerità che coinvolge tutti i personaggi che compongono questa vicenda, siano essi protagonisti o semplici comprimari. Dal buon Richard Gere alla sempre brava Joan Allen e alla loro dolcissima figlia, passando per l'uomo degli hot dog e l'impiegato della stazione, fino ad arrivare ovviamente al fedele Hachico, tutti coloro che hanno partecipato al film, si impegnano per dare il loro contributo nel far emozionare anche lo spettatore più smaliziato. Bisogna dunque capirsi, se è vero come credo sia vero, che il cinema è prima di tutto emozione, allora Hachico centra il bersaglio, regalando due ore di toccante sentimento e partecipata emozione ad un pubblico che forse si trova impreparato ad accettarlo. Di contro non sto sostenendo che questo sia un grande film in assoluto, ma certamente un grande film per tutti coloro che vogliono farsi inondare da un fiume di travolgenti emozioni e lasciarsi andare ad un sano e spontaneo pianto liberatorio. Forse non è molto, ma di certo nemmeno poco.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Tratto da una storia vera, il film racconta del cane Hachico e del suo legame speciale col padrone. Dopo la morte dell'uomo il cane aspetterà il suo ritorno per anni, dando prova di una fedeltà senza confini, capace di valicare i confini della vita terrena.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutta la parte finale in cui Hachi aspetta invano il ritorno del padrone... impossibile non piangere.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Se Richard Gere non ha bisogno di presentazioni ( personalmente i suoi film migliori restano All'ultimo respiro, Affari sporchi, Sommersby, Schegge di paura e Chicago), Joan Allen invece è attrice troppo spesso sottovalutata. Tra le sue interpretazioni La seduzione del male (al di Daniel Day Lewis), Pleasantville (delizioso piccolo film con Tobey Maguire, Reese Witherspoon e Jeff Daniels) e gli ultimi due film dedicati a Jason Burne. Da par suo il regista Lasse Hallstrom è responsabile del notevole La mia vita a quattro zampe, del toccante Le regole della casa del sidro (con un monumentale Michael Caine) e del sopravvalutato Chocolat.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Commovente, 7

Se avete da 40 anni in su: Molto commovente, 7,5

Hachico- Il tuo migliore amico (Hachico: a dog story, Usa 2009)
Regia di Lasse Hallstrom
Con Richard Gere, Joan Allen




CASE 39: Che spavento Bridget Jones


Lascia una strana sensazione guardare questo horror da quattro soldi. Per cominciare fin dalle primissime inquadrature, una spiacevole sensazione di già visto invade occhi e cervello, registrando quelle sequenze come già acquisite, già appartenenti al vostro bagaglio cinematografico. Case 39 infatti si muove goffo nei battuti ed abusati territori appannagio dell'infanzia diabolica. Film come L'innocenza del diavolo e The Omen, fino ai recenti Il respiro del diavolo ed Orphan, sono infatti le già non eccelse pietre di paragone per questo filmetto di serie z. La storia dell'assistente sociale che si trova alle prese con una bambina che non è quello che sembra, pesca dal passato, ma soprattutto lascia troppe porte aperte. Veri e propri buchi di sceneggiatura, falle incolmabili che restano senza spiegazione e risposta, lasciando gli spettatori attoniti e pieni di domande. Come se non bastasse, a guastare ulteriormente la festa ci pensa l'ingombrante interpretazione di Renée Zellweger. Per tutta la durata del film infatti, lo spettatore non riesce a togliersi di dosso la sensazione di assistere al terzo capitolo delle avventure di Bridget Jones. Come accadde al buon Antony Perkins prima di lei, anche la nostra Renée è rimasta vittima di quel famosissimo ruolo trappola che le consente di interpretare solo commedie leggere. Gli stessi irritanti sguardi basiti, lo stesso consolidato corollario di smorfie, il volto perennemente congelato dal botulino in una paresi forzata, che le consente tre espressioni facciali: la rabbia paonazza, il sorriso imbarazzato e l'attonito stupore. Vedere un film horror in queste imbarazzanti condizioni, rasenta il ridicolo, il finale poi è un colpo di grazia cinematografico da cui difficilmente ci si potrà riprendere in tempi brevi. Da dimenticare... magari potessi.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Bridget Jones in questo terzo capitolo si troverà a fronteggiare una bambina davvero diabolica.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
C'è un uomo, in un bagno e delle api... non vi dico altro.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Il primo ruolo davvero importante di Renée Zellweger è stato in Non aprite quella porta IV, una vaccata colossale (uno dei più brutti film di sempre) che vedeva al suo debutto un'altra futura stella di Hollywood, Matthew McConaughey. Oltre ai due capitoli dedicati a Bridget Jones (il primo carino, il secondo una vera boiata), la nostra Renée ha interpretato Jerry Maguire al fianco di Tom Cruise (molto carino), Io me & Irene insieme a Jim Carrey (divertente ma nulla più), Chicago in compagnia di Richard Gere e Catherine Zeta Jones ed infine ha vinto l'Oscar come attrice non protagonista per il drammone Ritorno a Cold Mountain (diretto dal compianto Antony Minghella ed interpretato da Nicole Kidman e Jude Law).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Dai 12 anni in su Carino, 6
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Schifezza, 3

Se avete da 40 anni in su: Immondizia, 2

Case 39 (Usa 2009)
Regia di Christian Alvart
Con Renée Zellweger, Jodelle Ferland



TRA LE NUVOLE: Tra i film più belli dell'anno


Si chiama Tra le nuvole (in originale Up in the air) ed è l'ultimo meraviglioso film interpretato da un George Clooney in odore di Oscar. Scordatevi le confortevoli e solari commedie in cui un protagonista egocentrico ed egoista scopre il mondo e la bellezza degli esseri umani facendo ammenda attraverso l'amore, qui siamo da tutt'altra parte. Tra le nuvole comincia con una serie di vere interviste a uomini e donne che hanno veramente perso il lavoro, per continuare con la storia dell'uomo più solo dell'universo, che per lavoro licenzia proprio quelle persone. Si ride, ma le labbra non sono mai distese, ma perennemente contratte in un sorriso forzato. La delusione come compagna fedele, l'amarezza come necessario corollario alla vita, la solitudine come valore imprescindibile della stessa. Un nuovo inizio, il primo giorno della nostra nuova vita. Una vita fatta di filosofia spicciola, benefit illusori e speranze pronte ad infrangersi. Non c'è sosta e pace per chi, come Caronte, è condannato a traghettare le anime dei dannati e se stesso sul fiume infernale Stige. La nostra vita, la nostra nuova vita, parte da qui, dall'accettazione di una condizione senza via d'uscita. La solitudine. Spiazzante, misurato ed umanissimo il sempre bravo George Clooney, nascondendosi dietro un sorriso, mette a nudo una fragilità capace di scuotere nel profondo chiunque. Siamo piccoli uomini in viaggio, attaccati a piccole cose senza senso, mai come in questo momento, sperduti nel tempo, nello spazio e nel significato. Tra i film più belli dell'anno.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La semplice e travagliata vita di un uomo che gira l'America licenziando lavoratori di ogni età, sesso ed estrazione sociale, viene sconvolta da una serie di piccoli ma radicali cambiamenti.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il finale, straordinaria chiosa di unostraordinario film.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
George Clooney è attore eclettico e straordinario. Oltre ad aver interpretato cinque serie di E.R. (la miglior serie della storia della tv), tra i suoi film spiccano Out of sight (bel film di Soderbergh), Three Kings (personalmente lo adoro), Fail safe (starordinario), la serie di Ocean's (con alti e bassi), Syriana (premio oscar come attore non protagonista), Fratello dove sei? (targato fratello Coen), Michael Clayton (sottovalutato e molto bello) e soprattutto Good night and Good Luck (straordinario film e sua seconda regia). Per il regista Jason Reitman questo è il terzo film dopo il divertente cinico Thank you for smokin' e il solare e sopravvalutato Juno. Per quelli di voi che si stessero chiedendo dove hanno già visto la ragazza di Clooney, si tratta di Vera Farmiga che l'abbiamo già apprezzata in The departed (sopravvalutatissimo film fiume targato Scorsese) e in Orphan (orroraccio da dimenticare).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma noioso, 6
Se avete da 13 a 20 anni: Molto carino, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 8
Se avete da 30 a 40 anni: Masterpiece, 9

Se avete da 40 anni in su: Masterpiece, 9

Tra le nuvole (Up in the air, Usa 2009)
Regia di Jason Reitman
Con George Clooney, Vera Farmiga, Anna Kendrick



THE FINAL DESTINATION: Giuralo!


Non c'è due senza tre e il quattro vien da se. Ecco spiegato in modo semplice il motivo che ha portato alcuni uomini di dubbia moralità a riunirsi per produrre un nuovo capitolo della saga che ha per protagonista la trista mietitrice. Facciamo un passo indietro. Il primo capitolo era divertente, eccessico e soprattutto decisamente originale, l'idea che la morte avesse un piano per chiunque e che non si potesse sfuggire ad esso in nessun modo era affascinante. Il numero due era francamente anche meglio del suo predecessore, complice un incipit che era un vero e proprio bagno di sangue (l'incidente stradale più spettacolare che si sia mai visto) e una serie di dettagli splatter disseminati, come piccole spaventose briciole, durante tutta la pellicola. Poi arrivò il terzo capitolo e lo sconforto si impossessò dei nostri cuori, la ripetizione regnava sovrana e lo sbadiglio era dietro l'angolo. Ora a fomentare nuove sanguinose speranze arriva questo quarto capitolo (in 3d) che ha la presunzione di presentarsi come definitivo (quel "The" davanti al titolo). Veniamo al dettaglio, l'inizio come al solito è potente e spettacolare, un bagno di sangue durante una gara di Naskar che fa davvero ben sperare. Purtroppo dopo i titoli di testa più cool di tutta la serie (e tra i più belli che si siano visti negli ultimi anni) ecco farsi largo la solita e pedissequa ripetizione delle solite trovate e dei soliti complicati modi per morire tra atroci sofferenze. A nulla servirà un finale furbino ed ammiccante, ormai la frittata è fatta e la mente è già altrove, persa in un mondo meraviglioso e giusto in cui i film horror sono originali e intelligenti, senza inutili sequel e senza stupidi remake.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La morte è incazzata nera con un manipolo di persone che si sono salvate dalla sua affilata falce. Saranno volatili per diabetici.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'incidente iniziale (notevole) e i titoli di testa.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
David R. Ellis, il regista di questo quarto capitolo, è lo stesso dello starordinario numero due.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Fighissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Mmmmm, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Mmmmm, 5

Se avete da 40 anni in su: Mmmmm, 4


The final destination 3d (The final destination, Usa 2009)
Regia di David R. Ellis
Con Bobby Campo, Shantel VanSanten, Nick zano

THE BOX: Avrebbe potuto...


Dispiace dover ammettere di essersi sbagliati. Quando uscì Donnie Darko venne naturale gridare al miracolo. Richard Kelly era stato protagonista di un esordio al fulmicotone, un film stratificato e complesso, ideale per farsi ricordare negli anni a venire. Purtroppo a tale promessa non è mai seguita una reale conferma e dopo anni di silenzio è seguito lo zoppicante Southland Tales. Ora parecchi anni dopo quel magnifico esordio, ecco fare capolino The box, fanta-thriller dal claudicante valore artistico. Al di là dell'amore di Kelly per le domande lasciate in sospeso (cosa centra l'handicap di Cameron Diaz, che centra il fatto che Frank Langella lavorasse per la Nasa), il film ha un suo ipnotico incedere, che purtroppo si fa sempre più confuso proprio nel momento in cui sciogliendo i nodi narrativi, dovrebbe farsi più chiaro. La pecca più grave di The box è quella di procedere per irritante accumulo, infischiandosene di parole come coerenza e misura. Ad uno spunto intrigante e ben architettato (non a caso il film è tratto da un racconto del geniale Richard Matheson) fa quindi da contraltare uno sviluppo confuso, indeciso, chiassoso. Perennemente indeciso tra misticismo e fantascienza, in costante bilico tra thriller e dramma, The box mette troppa carne al fuoco, rischiando un'indigestione ai danni dei poveri nauseati spettatori. Amplificando in modo insopportabile i punti di forza (ma anche quelli di debolezza) del suo esordio, Richard Kelly confeziona un film che avrebbe potuto essere un piccolo classico, invece rischia di trasformarsi in un piccolo ed insignificante ricordo, che aspetta solo di essere rimosso. Forget it.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una coppia riceve una scatola contenente un marchingegno con un bottone. Se lo premeranno succederanno due cose: Qualcuno che non conoscono ovunque nel mondo morirà e per questo riceveranno 1 milione di dollari.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
La parte iniziale ha una sua solida dignità.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Cameron Diaz è attrice che non ha bisogno di presentazioni. Da Tutti pazzi per Mary, passando per The Mask, fino ad arrivare a Gangs of New York, tantissimi i film che l'hanno vista protagonista. Personalmente i miei preferiti sono Una cena quasi perfetta (cattivissimo), Il senso dell'amore (dimenticato e bellissimo film diretto da Edward Burns) ed Essere John Malkovich (capolavoro criptico e geniale di Pike Jonze). James Marsden è stato Ciclope nella saga degli X-Men. Dulcis in fundo Frank Langella è attore e caratterista di enorme valore. Tra i suoi film ricordiamo Good Night and Good Luck (del sempre bravo George Clooney) e Frost/Nixon-Il duello (per la regia di Ron Howard).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma noioso, 7
Se avete da 13 a 20 anni: Bello, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Carino, 6

Se avete da 40 anni in su: Carino, 7

The Box (Usa, 2009)
Regia di Richard Kelly
Con Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella



BANDSLAM: Forget the '80


C'erano una volta i film degli anni 80. Una sequela di pellicole giovanili incentrate sul duro lavoro di qualcuno che voleva ottenere un risultato importante: Sportivo (Karate Kid), militare (Top Gun), artistico (Flashdance) o sentimentale (Bella in rosa). Qualunque 'obbiettivo i protagonisti di quei film si fossero proposti, lo avrebbero certamente ottenuto nel finale, grazie al loro duro lavoro e ad una buona dose di determinazione. Ora però nel 2010 le cose sono diverse. Prendiamo Bandslam, filmino innocuo ma molto divertente, che racconta la genesi di un gruppo musicale, determinato a vincere un concorso che porta il nome del film. Quello che dovete sapere, se decidete di recarvi a vedere un film come questo, cioè un film che propone una competizione, un traguardo importante da raggiungere o il coronamento di un sogno, è che ora nel 2010 il risultato non è mai certo. Se una volta eravamo sicuri che tutto quel dare la cera avrebbe fruttato la vittoria a Ralph Macchio, ora non si può dire lo steso per i bambini di School of Rock o appuntoi ragazzi di Bandslam. Dopo l'11 settembre il cinema americano è cambiato, l'insicurezza si è fatta strada nelle sale cinematografiche e l'ansia da prestazione si è impossessata nelle sceneggiature targate Hollywood. Gli eroi hanno lasciato il posto ai perdenti, i muscoli hanno ceduto il passo al cervello e l'orrore si è fatto più complesso. Anche i film per ragazzi hanno dunque subito una trasformazione, lasciando attecchire il germe del fallimento, alzando le mani in segno di resa di fronte al destino avverso. Capiamoci, questo discorso non vale ovviamente per tutti i film, Hannah Montana continua a stravincere su tutta la linea, figlia di una politica repubblicana che non morirà mai, ma per molte pellicole la musica è cambiata e con lei il modo di rappresentare certe storie. Se è vero che in una certa misura il cinema racconta la vita, allora è profondamente giusto che nei vuoti anni 80, periodo plastificato caratterizzato dall'arrivismo spietato e da un muscoloso successo a tutti costi, Silvester Stallone e soci abbiano fatto la loro fortuna menando le mani. Di contro il periodo storico che ci vede ospiti e protagonisti, lascia intendere che qualcosa sta cambiando e questo probabilmente non è necessariamente un male. Bandslam è figlio dei nostri tempi e riflette in modo non banale e sempre divertente su problemi quali la famiglia, l'amicizia, l'appartenere ad un gruppo, l'accettarsi e il farsi accettare. Non male per un film interperatato da giovanissimi, dedicato proprio ad un pubblico di giovanissimi. Da vedere.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Il nerd appassionato di musica Will cambia scuola. Troverà nuovi amici e la possibilità di partecipare con un gruppo musicale al Bandslam,competizione tra gruppi che ha per premio un contratto discografico.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Ovviamente il trascinante finale.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Vanessa Hudges è praticamente l'idolo dei teenager di mezzo mondo, infatti è l'eroina della saga di High School Musical. Nel ruolo della madre del protagonista troviamo Lisa Kudrow, ex interprete della mitica serie Friends.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 13 a 20 anni: Bellissimo, 9

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Molto Carino, 7

Se avete da 40 anni in su: Molto Carino, 7

Bandslam (Usa, 2009)
Regia di Todd Graff
Con Vanessa Hudgens, Lisa Kudrow, Gaelan Connell




Per darvi un'idea migliore del film ecco una delle canzoni eseguite dai ragazzi protagonisti. Se riuscirete a non saltare in piedi e ballare come selvaggi, fatemelo sapere.


ZOMBIELAND: Effervescente naturale


Questo film ha un grandissimo merito: non prendersi mai sul serio e fare dell'eccesso la propria cifra stilistica. Se è il divertimento che andate cercando, mettetevi comodi e gustatevi Zombieland, un giro selle montagne russe a tutto gas, senza poter mai tirare il fiato. Nella sua ora e mezza scarsa di lunghezza, il film interpretato dal redivivo ed eccessivo Woody Harrelson, ci porta verso territori forse già esplorati, ma sicuramente raramente descritti con tanta affettuosa passione. Senza scomodare il film simbolo Shawn of the dead (in Italia lo abbiamo tradotto L'alba dei morti dementi), il piccolo e divertente Zombieland mette in fila una serie di trovate talmente surreali da risultare esilaranti (una per tutte, la scena a casa di Bill Murray). Infischiandosene del perchè e del per come la terra sia stata invasa dai morti viventi, si concentra sui suoi personaggi, sul loro strano status di famiglia improvvisata e sugli aspetti più inediti di un'invasione di zombie. Lasciandosi alle spalle una dietrologia che avrebbe appesantito la sceneggiatura, il film si concentra sul qui e ora, sulle regole fondamentali per sopravvivere, su ciò che ci siamo lasciati alle spalle e su quanto sia importante mantenere ciò che si ha ottenuto, difendendolo ad ogni costo. Senza scomodare metafore ingombranti, basterà dire che Zombieland rappresenta un mondo che sta cambiando rapidamente, dove l'unico posto sicuro in cui potersi rifugiare sono i ricordi e l'amore di una famiglia, sia essa vera o improvvisata, capace di farci sentire finalmente di nuovo a casa.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Per motivi inspiegabili la terra è ormai appannagio dei morti viventi. In questo scenario da incubo quattro persone si incontrano e scontrano, formando un nucleo eterogeneo ma determinato a sopravvivere.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Su tutte la geniale sequenza alla villa di Bill Murray. Puro metacinema di qualità.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Woody Harrelson ha conosciuto un periodo di notorietà incredibile nei lontani anni '90. Ha interpretato pellicole del calibro di Proposta indecente (al fianco di Demi Moore e Robert Redford per la regia di Adrian Lyne), Assassini Nati- Natural Born Killers (capolavoro di Oliver Stone), Larry Flint-Oltre lo scandalo (regia di Milos Forman), Verso il sole (dimenticato e prezioso film di Michael Cimino) e La sottile linea rossa (capolavoro di Terrence Malick). Ultimamente è tornato alla ribalta grazie ad alcuni piccoli ruoli in Sette Anime (Gabriele Muccino), 2012 (Roland Hemmerick) e Non è un paese per vecchi (Joel & Ethan Coen). Questo Zombieland è il suo primo film da protagonista dopo moltissimo tempo. Jesse Eisenberg è attore giovane ma talentuoso. Tra i suoi film il divertente ed amaro Adventureland e lo splendido e semisconosciuto Il Calamaro e la balena, cupa vivisezione di un rapporto familiare da recuperare assolutamente, che nel cast vantava la bravissima Laura Linney e lo straordinario Jeff daniels. Infine la piccola Abigail Breslin ha già una carriera incredibile alle spalle, è stata interprete tra gli altri del fanta-horror Signs, del lacrimevole La custode di mia sorella e soprattutto del delizioso (francamente io lo ritengo un capolavoro) Little Miss Sunshine.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Dai 12 anni in su, divertentissimo, 8
Se avete da 13 a 20 anni: Molto carino, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Delizioso, 7

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6

Zombieland (Usa, 2009)
Regia di Ruben Fleischer
Con Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Emma Stone, Abigail Breslin

FAME: La necessità del sudore


La domanda che attanaglia la mente di tutti coloro che amano il cinema, lo respirano e lo vivono è la seguente: C'è bisogno dei remake? Fateci caso, ultimamente la moda di rifare film già fatti sta assumendo proporzioni endemiche. Nessuno si salva dal remake, commedie, horror, musical, a volte con risultati imbarazzanti, si decide di riportare in vita un'icona, di riproporre una tematica. Fame si colloca su questa linea e subito viene naturale fare dei confronti con l'originale ottimamente diretto da Alan Parker. Se alcune cose cambiano (un archetipo come Leroy non c'è e francamente suonerebbe un pò inverosimile nel 2009) altre fondamentali restano le stesse ed è proprio a queste che si deve guardare per capire il fulcro del film. Mi spiego. Non è un segreto per nessuno che da qualche anno a questa parte il grande ed il piccolo schermo sono stati invasi da film e programmi basati principalmente sul canto e la danza. Abbiamo visto passare in rassegna pellicole come Step Up 1 e 2 (attenzione è già stato annunciato il 3), Honey, Save the last dance, Le ragazze del Coyote Ugly e ultima in ordine di tempo la tanto amata/odiata Hannah Montana. Di contro lo schermo di casa è stato letteralmente invaso da un branco di Amici inetti capitanati da Maria De Filippi, a cui è seguito un programma mostro come X-Factor dedicato esclusivamente al canto. Il massimo comune denominatore di queste pellicole e di questi programmi in generale è l'assurda convinzione che il talento sia una dote divina, distribuito con cautela ed alimentato dal sacro fuoco della passione. Nulla di più sbagliato. Fame (sia l'originale che il remake) arriva proprio al momento giusto per mettere i puntini sulle i. Il successo si può ottenere solo lavorando duro con sudore, lacrime e sangue, il talento da solo non è sufficiente, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Questo è l'assunto del film, una doccia gelata per l'ego di chiunque abbia deciso che basta saper cantare o ballare bene per poter riuscire nella realizzazione di un sogno. In Fame si assiste alla parabola di un gruppo di ragazzi determinati a sfondare nel mondo dello spettacolo, la novità è rappresentata dal fatto che non tutti giungeranno alla fine di questo percorso, ma alcuni cadranno lungo la strada. Il grande merito del film è proprio quello di mostrarci che il talento da solo è inutile, ma ci vuole tanto lavoro e costante esercizio. Fame dunque arriva al momento giusto e nel posto giusto, un paese come il nostro in cui si è fatta largo la convinzione che il lavoro e lo studio non siano indispensabili, ma basti apparire ed esserci, per riuscire nella vita, magari partecipando a uno dei tanti reality imbecilli. Abbiamo perso per strada il senso del lavoro e del sudore, abbiamo perso una parte di noi stessi, cerchiamo di non permettere che accada ai nostri figli. Se poi un film può darci una mano in questo senso, allora è il benvenuto.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La vita nell'Accademia di arti drammatiche di New York, ora come allora solo alcuni arriveranno fino in fondo.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il saggio finale. Un momento di grande emozione, ora come allora.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: INDISPENSABILE, 10
Se avete da 13 a 20 anni: INDISPENSABILE, 10

Se avete da 20 a 30 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Carino, 6

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6

Fame (Usa, 2009)
Regia di Kevin Tancharoen
Con Naturi Naughton, Anna Maria Perez de Tagle, Kelsey Grammer, Kay Panabaker




E per tutti i nostalgici, ostinati ed inguaribili romantici, ecco il video di Irene Cara della canzone originale del film.


IO LORO E LARA: L'Italia... o quasi


Hanno un bel da dire i vari Neri Parenti e Oldoini... secondo me l'Italia, quella vera, è rappresentata non certo dai cinepanettoni, ma dai film di Carlo Verdone. Nessuno come il bravo regista romano, ha saputo in questi anni descrivere l'amore, le fobie, gli eccessi, le speranze, le delusioni e le contraddizioni di un popolo come il nostro. Prendiamo la sua ultima fatica. Con tono leggero e piglio disincantato, in un'ora di film viene rappresentato un inno all'ipocrisia. Si ride nei film di Verdone, ma spesso a denti stretti, consapevoli che quelli che vediamo rappresentati sono i nostri amici, i nostri vicini di casa, i nostri parenti, i nostri genitori, noi stessi. La storia dell'anziano padre di famiglia rimasto vedovo che si risposa con un'immigrata più giovane di lui, trovando un fuoco di fila di opposizioni dai figli, è tremendamente attuale. Allo stesso modo il misuratissimo sacerdote interpretato da Verdone porta in se tutte le contraddizioni e le domande che contraddistinguono la religione cattolica. Difficile non rimanere conquistati da questi caratteri e dalle situazioni che magistralmente il regista riesce a sottoporci. Purtroppo a tanto entusiasmo corrisponde altrettanta cocente delusione man mano che il film si avvia verso la sua conclusione. Ad una prima parte misurata, in punta di piedi, eccezzionale, fa da contraltare una seconda caciarona, esagerata, macchiettistica. Se è dunque vero che il Verdone regista è un grande costruttore di personaggi, è anche vero che il Verdone attore spesso ne resta vittima. Tutta la seconda parte del film è giocata sull'accumulo, sulla risata insistita, cacciata in bocca a forza. Il risultato è una pellicola diseguale, che se lasciata in balia dei suoi personaggi si trasforma in una Babele in cui ognuno parla la propria lingua... Un pò come l'Italia appunto.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Un sacerdote in piena crisi di fede, un padre che si risposa con un'immigrata, la figlia di quest'ultima a cui spettano gli averi della madre e in ultimo i due restanti figli dell'anziano signore, pronti a scendere sul piede di guerra per non farsi portar via ciò credono spetti loro di diritto.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
La prima ora è impeccabile... grande commedia italiana.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Laura Chiatti è ovunque, pare che in Italia sappia recitare solo lei... Carlo Verdone è uno dei registi migliori che abbiamo, suoi alcuni dei più riusciti affreschi del nostro vivere e sentire quotidiano. Personalmente mi piace ricordare Acqua e sapone, Io e mia sorella, Compagni di scuola, Maledetto il giorno che t'ho incontrato, Al lupo al lupo, Sono pazzo di Iris Blond.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Divertente, 7
Se avete da 13 a 20 anni: Molto divertente, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Molto carino, 6,5

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6


Io loro e Lara (Italia 2009)
Regia di Carlo Verdone
Con Carlo Verdone, Laura Chiatti, Angela Finocchiaro, Anna Bonaiuto, Marco Giallini

SHERLOCK HOLMES: Sorpresa. Niente male.


Quattro ragioni per andare a vedere Sherlock Holmes:

1) Robert Downey Jr: E' sempre un piacere ammirare questo bravo attore, rinato dopo un periodo di abusi ed eccessi, che lo avevano relegato nel limbo dei dimenticati.
2) Jude Law: E' un piacere ammirare anche lui. Attore versatile e talentuoso.
3) Brad Pitt: Se il film avrà successo ne verrà fatto un seguito e la parte del Professor Moriarty (il nemico giurato di Holmes) dovrebbe essere affidata proprio al buon Brad.
4) Sherlock Holmes: Il personaggio di Conan Doyle è senza tempo, un piacere per gli occhi e la mente di chiunque.

Proprio Sherlock Holmes deve essere il motivo principale per spingervi al cinema. Accantonate le polemiche che vedevano scandalizzati i puristi di ogni età, letteralmente sconvolti dal fatto che il loro beniamino menasse le mani e sembrasse più uscito da un episodio in costume di Mission:Impossible, piuttosto che dalla pagina scritta, bisogna ammettere che il film funziona. Per tutti coloro che si sentiranno offesi nel profondo, ci tengo a ricordare che le migliori trasposizioni del personaggio di Holmes che personalmente abbia mai visto, sono quelle fornite da Senza indizio e da Piramide di paura. Non ho trovato quindi nessun motivo di scandalo nel vedere il nostro eroe a petto nudo mentre combatte con una montagna di muscoli determinata a schiacciarlo. I personaggi immortali della pagina scritta, hanno il loro punto di forza proprio nel fatto che possono essere plasmati e modificati secondo le esigenze ed i gusti del mezzo che vanno a servire. Il cinema non è la letteratura ed è bello pensare che non lo sarà mai, credere di poter trasportare sul grande schermo le avventure di Holmes così come le aveva pensate Conan Doyle è pura utopia, anzi, è un atto di grande presunzione. Al di là del valore del film, che in questo caso è davvero poca cosa visto che si tratta della classica pellicola baraccone fatta per divertire, non bisogna mai trascurare il fatto che grazie ad esso, una nuova generazione si sta appassionando alle gesta di Sherlock e del buon Watson. Comunque la mettiate, istillare nuova vita nella letteratura e nel cinema è una benedizione che non ha prezzo, tira in ballo la tradizione e la sostanza di cui sono fatti i sogni. Ricorderò sempre che appena uscito quel pasticciaccio brutto di Troy, mi capitò di vedere una mamma che in libreria cercava l'Iliade da regalare al figlio, che era rimasto letteralmente stregato da Achille e soci. Concludendo quindi, non facciamo l'errore di pensare che tutto è immutabile, che la contaminazione è malvagia e che alcune cose non si possono toccare, perchè in quel momento facciamo un torto al cinema, alla cultura e a noi stessi. Per quel che mi riguarda quindi, Sherlock Holmes è un filmino assolutamente godibile, senza pretese e dotato di una certa freschezza. I duetti tra i due protagonisti sono frizzanti e divertenti, non solo, il mistero messo in scena è intrigante e la Londra ricostruita toglie il fiato... tutti motivi sufficienti per farmene consigliare la visione. Elementare.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
L'investigatore privato più famoso del mondo, dovrà vedersela con un malvagio piano per conquistare il mondo... tanto per cambiare.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutte le volte che i ragionamenti del nostro prendono vita e ci vengono illustrati in tutta la loro geniale, elaborata e lampante raffinatezza.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Come ho già detto qualche riga più su, le due versioni del personaggio di Conan Doyle che preferisco sono quella di Piramide di paura e di Senza indizio. Nel primo film, un giovanissimo Holmes, ancora studente, indaga sulla misteriosa morte di alcuni uomini. Mentre nel secondo un grandissimo Michael Caine interpreta uno stupidissimo Holmes, che deve i suoi successi ai sopraffini ragionamenti di un Dottor Watson, splendidamente interpretato da Ben Kingsley. Robert Downey Jr. è stato un attore molto promettente, fu anche candidato all'Oscar per aver interpretato Charlie Chaplin nel dimenticato Chaplin. Purtroppo l'amore per la droga e l'alcol lo hanno allontanato dalle scene per anni. Vi è tornato di recente, riaffermando il proprio talento con divertenti blockbuster (Ironman 1 e 2) e film decisamente più interessanti (Charlie Bartlett). Ha ricevuto la sua seconda candidatura l'anno passato, grazie allo splendido ruolo in Tropic Thunder. Purtroppo il Joker interpretato da Heath Ledger lo ha battuto. Jude Law è attore di talento e grande sensibilità sensibilità. Tra i suoi tanti film mi piace ricordare Il talento di Mr. Ripley (candidato come non protagonista), A.I. (versione fantascientifica di Pinocchio, diretta da Spielberg) e Alfie (remake del classico con Michael Caine). Infine il regista altri non è che l'ex marito di Madonna, quel Guy Ritchie che ha divertito mezzo mondo con Lock & Stock e Snatch, per poi cadere rovinosamente in balia di robaccia come Rock 'n Rolla e Travolti dal destino.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Divertentissimo, 9
Se avete da 13 a 20 anni: Molto divertente, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Molto carino, 6,5

Se avete da 40 anni in su: Carino, 6


Sherlock Holmes (Usa/UK, 2009)
Regia di Guy Ritchie
Con Robert Downey Jr, Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong.

NON E' UN PAESE PER VECCHI: Quello che sta arrivando


Quello che sta arrivando non lo puoi fermare...
Al di là della fotografia mozzafiato, delle interpretazioni in stato di grazia e della regia sublime, complici quelle meravigliose e geniali ellissi narrative, Non è un paese per vecchi è un film che parla di morte e di etica, anzi di etica della morte. Il killer Bardem e lo sceriffo Tommy Lee Jones sono le due facce della stessa medaglia, il bene e il male, due baluardi di un mondo che fu e che va scomparendo, un mondo fatto di regole e principi. Oggi, qui e ora, in questo mondo di plastica e carta straccia, solo il sangue e la morte mantengono la parola data, non esiste scampo, ma solo dolore e buio. Siamo nati per soffrire e spesso non riusciamo a comprendere quello che accade intorno a noi. Il mondo cambia troppo rapidamente, le sensazioni diventano certezze e la vita diventa morte. Morte da accogliere in un abbraccio, sincera sorella, unica verità imprescindibile, unico vero modo per mantenere la parola data. No, non è di certo un paese per vecchi, ci sono troppe cose da capire e troppe altre che nemmeno si riescono a immaginare. Allora ben venga la morte, non come scorciatoia, ma come consapevolezza, unica madre capace di istillare vita là dove regna l'assenza di essa. La scelta come consapevolezza dell'essere, accettazione del libero arbitrio, rifiuto di Dio. La vita come zavorra da cui liberarsi, i principi come inutili fardelli, capaci di appesantire letargiche coscienze ormai preda di un sonno eterno. Il killer Bardem è la crudele cristallina coscienza di un paese che non riconosce più se stesso, perduto nell'inutile ed infinita contemplazione di se. Lo sceriffo Tommy Lee Jones è l'antica sapienza perduta di un popolo che non sa più come tenere accesa la fiamma della speranza. Bellissimo, coinvolgente e geniale, zenit di superbo spessore artistico per i due geniali fratelli, che probabilmente firmano il loro capolavoro più criptico ed ermetico. Estremo e definitivo Nadir dell'anima umana, orazione funebre per una razza vigliacca e svilita, canto del cigno delle parole speranza, carità e perdono. Testa o croce, bisogna scegliere, non c'è più tempo, quello che sta arrivando non si può fermare, la morte è qui, il destino non esiste, restano solo i sogni e la luce alla fine di tutto. La strada è ancora molto lunga e la notte è troppo fredda... non c'è più posto qui, per quelli come te.
Poi mi sono svegliato

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Un uomo si imbatte in una valigia con dentro due milioni di dollari, frutto di uno scambio di droga finito male. Metterà in moto una catena di eventi che lo porteranno a mettere a rischio la sua vita e quella di sua moglie.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tantissime, su tutte le ellissi nella parte finale.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Javier Bardem è un sex symbol che non ha certo bisogno di presentazioni, capace di interpretazioni sublimi ed agghiaccianti: Mare dentro, I lunedì al sole, Perdita Durango e Prima che sia notte. Per questo film ha giustamente meritato l'Oscar come miglior attore non protagonista. Tommy Lee Jones ha vinto l'Oscar per Il fuggitivo e ha interpretato dozzine di film, tra cui mi piace ricordare il sottovalutato Nella valle di Elah, i due divertenti film dedicati ai Men in Black e l'ipnotico Le tre sepolture. Josh Brolin ha creato un convincente ritratto del presidente George W. Bush nel riuscito W. diretto da Oliver Stone, inoltre è stato davvero straordinario in Milk al fianco di Sean Penn. I fratelli Coen sono tra le menti più brillanti del cinema contemporaneo, ogni loro nuovo film viene accolto come una boccata d'aria pura da tutti gli appassionati di cinema. Tra i loro capolavori mi piace ricordare Barton Fink (criptico e geniale), Crocevia della morte (praticamente un'opera lirica), Il grande Lebowski (un film che deve essere protetto dall'Unesco in quanto patrimonio dell'umanità) e L'uomo che non c'era (pura poesia distillata in uno splendido bianco e nero). Il film è l'adattamento di un romanzo di Cormac McCarthy, l'autore premio nobel de La strada (di cui aspettiamo il film con Viggo Mortensen).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Noioso, 5
Se avete da 13 a 20 anni: Un pò noioso, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Bellissimo, 8
Se avete da 30 a 40 anni: Oltre il Capolavoro, 10

Se avete da 40 anni in su: Oltre il Capolavoro, 10


Non è un paese per vecchi (No country for old men, Usa 2007)
Regia di Ethan & Joel Coen
Con Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Javier Bardem


CARRIERS: Dolente e bellissimo


Fa gelare il sangue nelle vene, l'orrore a cui ci sottopone questo bellissimo film. Fa tremare le membra e vacillare la mente, il pandemico virus a cui è sottoposta la razza umana, che di umano ormai non ha più nulla, forse solo i ricordi. In un futuro devastato dalla malattia non ci sono speranze e il tempo è un nemico invincibile. In questo scenario da apocalisse quattro persone attraversano l'America a bordo di un'auto, uniti eppure soli. Carriers è film da cercare e desiderare a tutti costi, fulmen in cauda di una stagione arcigna, capace di uno straodinario rigore, addirittura in grado di ricordare per liricità e nichilismo il capolavoro di Cormac McCarthy, La strada. Un mefitico giro in giostra fatto di morte, sangue, piaghe e malattia, una scossa elettrica alle nostre addomesticate coscienze, una lenta discesa lungo i più cupi gironi dell'inferno. Di fronte alla malattia non c'è più amicizia, pietà e carità, il sangue cessa di essere un vincolo e la sopravvivenza resta l'unica chimera da rincorrere, anche se intorno non resterà nient'altro. Difficile dimenticare Carriers, gli sguardi dei suoi protagonisti e perfino delle sue comparse, esseri umani che restano sullo schermo per non più di trenta secondi, impossibile non uscirne sconvolti e provati, disgustati e commossi, incapaci di togliersi di dosso un'appicicosa sensazione di malessere da tutto il corpo. Fa gelare il sangue nelle vene, l'orrore a cui ci sottopone questo film, l'orrore dell'essere umani. Capolavoro.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una gravissima malattia sta sterminando la razza umana, qualcuno cerca di sopravvivere.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Dal principio alla fine, un'ora e mezza senza una caduta di tono, senza un'inquadratura di troppo.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Chris Pine è il capitano Kirk del nuovo Star Trek, mentre la bella Piper Perabo è attrice giovane e dotata. Dopo aver interpretato vaccate come Le ragazze del Coyote Ugly, si è data a ruoli difficili ed intensi con Lost and Delirious e Imagine Me & You.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Assolutamente no, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Fighissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Bellissimo, 8
Se avete da 30 a 40 anni: Capolavoro, 9

Se avete da 40 anni in su: Bellissimo, 8

Carriers (Usa 2009)
Regia di Alex & David Pastor
Con Lou Taylor Pucci, Chris Pine, Piper Perabo


GAMER: Not bad, but not good.


Parte a rotta di collo questo filmetto inutile ma godibile, da gustare tutto di un fiato in compagnia di una generosa quantità di pop-corn fumante. Cominciamo col dire che il futuro ce lo hanno raccontato in tanti e ormai in tutte le salse, così come i rischi della dipendenza videoludica e dulcis in fundo non siamo certo digiuni di cattivacci che si vogliono impadronire del mondo emerso e non. Gamer ha la pretesa di mischiare tutto questo, tentando spavaldamente di proporre una formula se non inedita, almeno dignitosamente fracassona. Se alcune idee non sono male, (l'assurdo social network, le figure delle comparse, i giocatori) purtroppo alcune ingenuità fanno ripiombare il tutto nel calderone della bassa macelleria. A una prima parte al fulmicotone quindi, ne segue una seconda tristemente convenzionale, imbolsita da spiegazioni fuoriluogo, raccordi narrativi confusi e scene strappacore da fare invidia al peggior musicarello napoletano. Gerard Butler da par suo, dimostra una volta di più di essere un grandissimo bluf, che ha azzeccato un ruolo fortunato (Leonida in 300), per poi adagiarsi in filmacci del calibro di Rock 'n Rolla. Concludendo Gamer potrebbe anche rischiare di regalare una serata godibile, a patto di staccare la spina, sprofondare nella vostra poltrona preferita e farsi prendere da una inesauribile sete di birra.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
In un futuro imprecisato ma vicino, il mondo va pazzo per un gioco in cui i detenuti condannati a morte si lanciano in missioni pericolossime, comandati in remoto da improbabili giocatori.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'inizio e qua e là qualche altra scena gustosa.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Troppo violento, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Belloooooo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6,5
Se avete da 30 a 40 anni: Passabile, 6

Se avete da 40 anni in su: Per carità, 4


Gamer (Usa 2008)
Regia di Mark Neveldine, Brian Taylor
Con Gerard Butler, Kyra Sedgwick

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON: L'infinito


Davvero curiosa la vita di Benjamin Button, una vita scandita da un orologio che funziona al contrario, un orologio costruito da un orologiaio cieco, dolente padre di un figlio che non tornerà più. Curiosa e spesso sfiorata dalla morte, la vita di Benjamin Button, una morte il più delle volte silenziosa e discreta, a volte invece fragorosa e sfacciatamente protagonista. Il caso domina regnando su tutto, arcigno, magnanimo, severo, imparziale, decretando la fine della carriera di una grande ballerina o la mancata folgorazione di un uomo colpito da un fulmine per ben 7 volte. Sfiorarsi... Come l'uragano che sfiora costantemente la vita di Benjamin, senza abbattersi mai, mentre una madre muore fuori campo e un padre abbandona la propria famiglia in punta di piedi. La morte restituisce la vita e la vita per sua stessa definizione, non può avere mai fine. In un eterno tutto in cui cogliere e fare nostre le cose più belle e preziose, uniti eppure profondamente divisi per l'eternità, incapaci di restare insieme, se non per un periodo limitato di tempo. Di nuovo, sfiorarsi... Il tempo, altro grande protagonista di questa vicenda e di molte altre che ci riguardano ben più da vicino. Il tempo tiranno eppure generoso. Tempo per essere e per fare, per piangere e rimpiangere, per rallegrarsi e combattere... forse tempo per crescere un figlio. Ancora una volta curiosa la vita di Benjamin Button, come il volo del colibrì, le cui ali non si muovono su e giù, ma descrivendo un otto. Non c'è bisogno che vi rammenti che questo in matematica significa INFINITO... C'è chi nasce per suonare il piano, chi nasce artista, chi conosce Shakespeare, chi nasce madre, chi è esperto di bottoni, chi viene colpito dal fulmine, c'è chi nuota ed infine c'è chi danza... Voi, me, il cinema... forse, davvero, per una volta, l'Infinito.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La curiosa vita di Benjamin Button, nato vecchio e destinato a ringiovanire fino alla morte.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il finale... commovente.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Diciamo subito che Brad Pitt è un grandissimo attore. Non accetto obiezioni, vi basti pensare a L'esercito delle 12 scimmie o a Fight club. Non solo il nostro è stato protagonista anche di pellicole minori ma non meno importanti, tra cui mi piace ricordare il dimenticato Kalifornia. David Fincher invece potrebbe ritirarsi a vita privata anche ora e io lo riterrei uno dei più grandi di sempre. basti ricordare che il succitato regista, ci ha regalato Seven e il già citato Fight Club, entrambi con Pitt. Suo anche il sottovalutato e splendido Zodiac.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Che palle, 5
Se avete da 13 a 20 anni: Carino ma palloso, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Bellissimo, 8

Se avete da 40 anni in su: Bellissimo, 8

Il curioso caso di Benjamin Button (The curious case of Benjamin Button, usa 2008)
Regia di David Fincher
Con Brad Pitt, Kate Blanchett

DORIAN GRAY: Povero Oscar


Se ne sentiva proprio il bisogno. Questa la prima frase che sgorga naturale dalle labbra di tutti coloro che hanno appena assistito alla visione di questa porcheria. Si sentiva la necessità infatti, di vedere una nuova versione dell'immortale classico di Oscar Wilde. Soprattutto se la pellicola in questione è farcita a più non posso di gratuite ed insistite scene di sesso, alternate ad altre inutilmente splatter. Il povero Oscar sta probabilmente frullando come una trottola nella sua tomba, indignato come una biscia per il trattamento riservato al suo capolavoro. Il dolente ritratto del giovane Dorian, corrotto dalla decadente Londra e dai suoi altrettanto decadenti abitanti, sfuma lentamente, ma inesorabilmente, verso l'erotica e scarlatta discesa agli inferi del belloccio e mono espressivo principe Caspian di Narnja. A poco serve l'interpretazione di un imbambolato Colin Firth, incapace di salvare dal naufragio, un film che fa dell'imbarazzo la propria cifra stilistica. Il risultato, ahinoi, è una rabbia cieca e sorda, che monta lentamente, dal profondo, facendoci implorare di avere tra le mani il regista, lo sceneggiatore o perlomeno l'odiato principe Caspian. Rabbia che in mancanza di capri espiatori eccellenti, si sfoga inesorabile sulla cassiera e sull'uomo che vende pop-corn, portando noi obnubilati spettatori, impossibilitati a sfogarci degnamente coi veri responsabili di questo scempio, a mettere a ferro e fuoco l'innocente sala cinematografica. Requiescat in pace.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Il giovane Dorian giunge a Londra, conoscerà il vizio e la dannazione.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Film è un termine un tantino altisonante per questa schifezza.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Dopo i 12 anni, Bellissimo, 8
Se avete da 13 a 20 anni: Bello, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Non male, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Vaccata, 0

Se avete da 40 anni in su: AAAAHHHH, 1

Dorian Gray (UK, 2009)
Regia di Oliver Parker
Con Colin Firth, Ben Barnes