TRASLOCO...


















Ebbene sì mi sono trasferito!
Ho cambiato casa, ho traslocato presso Wordpress.
Per tutti coloro che vorranno seguirmi anche là e per tutti quelli che vorranno sapere la mia opinione su AVATAR.
Questo è il link della mia nuova casa...
aperta a tutti voi


Vi aspetto tutti là

Houssy.

IL QUARTO TIPO: Spaventosamente furbo


Ritengo impossibile non cadere nella trappola tesa da Il quarto tipo, ennesimo esempio di finto cinema realtà. La struttura accattivante, i filmati "d'epoca", l'introduzione di Milla Jovovich, tutto concorre a creare quel senso di sospesa credibilità e costante dubbio, tipico del buon cinema di intrattenimento puro. Non c'è nulla di vero ne Il quarto tipo, eppure il film è talmente ben costruito da farci costantemente credere il contrario. Il sottoscritto pur sapendo di assistere ad una pura finzione, si è lasciato talmente conquistare e coinvolgere, da iniziare a dubitare di ciò che già sapeva. La verità è che un film come questo fa paura, inquieta, spiazza, lascia addosso una brutta sensazione di malessere, arriva ad insinuare il dubbio nelle nostre certezze. Il merito va alla misurata e mai invadente regia di Olatunde Otsunsanmi, capace di farci accapponare la pelle grazie a voci, sussurri, filmati video disturbati e incomprensibili idiomi antichi. La fantascienza di Spielberg è lontana anni luce, qui siamo nel campo delle sensazioni, del malessere suggerito e dell'apparizione semplicemente accennata. Non c'è nulla di plateale e manifesto ne il quarto tipo e proprio per questo, per questo terrore strisciante e non codificato, il film spaventa e terrorizza oltre ogni normale soglia di sopportCorsivoabilità. Facendo leva sulla nostra più primitiva e atavica sensorialità, il film, facendo tesoro dell'esperienza del mai abbastanza citato e lodato Blair Witch Project e dell'eccellente e recentissimo Paranormal activity, abbatte la barriera tra reale e probabile, regalandoci un'ora e mezza abbondante di brividi lungo la schiena. Una vera e propria via crucis in cui lo spettatore si ritrova inevitabilmente a fare i conti con le sue paure più nascoste ed ancestrali, senza mai smettere per un momento di riflettere su di una sceneggiatura sicuramente furba, ma di certo non priva di ottimi spunti. Concludendo Il quarto tipo è da considerarsi come la perfetta evoluzione di un genere che dagli anni '50 de La guerra dei mondi, passando per i '70 di Guerre stellari e gli '80 di E.T. ha oggi trovato la propria giusta continuità in pellicole come questa, così inquietanti, poco rassicuranti e terribilmente verosimili... esattamente come la realtà che viviamo tutti i giorni.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una cittadina dell'Alaska è funestata da inspiegabili sparizioni. Una psicologa indaga il fenomeno. Si troverà ad affrontare qualcosa che ella stessa faticherà a comprendere.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutte le finte scene di ipnosi... decisamente inquietanti.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Milla Jovovich è diventata un volto noto e riconoscibile grazie a Luc Besson che la volle come protagonista in quella colossale vaccata de Il quinto elemento. Successivamente la nostra ha vestito felicemente i panni di Alice nella trasposizione cinematografica del videogame Resident Evil, ruolo che ha rivestito anche nei successivi due seguiti.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Bellissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Molto carino, 7

Se avete da 40 anni in su: Terrificante, 7

Il quarto tipo (The forth kind, Usa 2009)
Regia di Olatunde Otsunsanmi
Con Milla Jovovich

PREVISIONI DI CINEMA: Dal 22 al 28 di Gennaio 2010

Come un bambino di fronte ad una pellicola che non ha ancora visto... Con questa quasi nuova rubrica (avevo cominciato a farlo tempo fa, ma poi avevo smesso) si inaugura un percorso nuovo di zecca. Il tentativo è quello di darvi un'indicazione sui film in uscita assolutamente arbitraria e basata unicamente sul buon senso e le mie esperienze personali. Di settimana in settimana andrò a darvi la mia opinione su film che in alcuni casi non ho ancora visto, con la promessa di smentire me stesso nel caso qualche pre-giudizio dovesse rivelarsi errato.



Cominciamo con il bellissimo film interpretato da George Clooney. Tra le nuvole, questo il titolo, è un amaro apologo sul presente, sulla solitudine e su ciò che rende degna la nostra vita. Un protagonista in stato di grazia e in odore di Oscar, una sceneggiatura solida come il marmo e tanta misura, per un film che senza sbavature e con tanta poesia, ci porta lontano. Si ride, ci si commuove, si riflette molto, insomma un pò come nella vita vera. Il regista, Jason Reitman, è lo stesso di Thank you for smoking e Juno. Ho già avuto occasione di vederlo e anche di recensirlo... personalmente l'ho adorato. Vivamente consigliato.




Nine
, è il nuovo film di quel miracolato di Rob Marshall, un uomo capace di brillare di luce diffusa ormai da anni, grazie a Chicago, musical un pò sopravvalutato che fece impazzire l'america qualche anno fa. Questo Nine prende le mosse da 81/2 di Federico Fellini, mettendo in scena gli amori, le ossessioni e la visionaria poesia del maestro emiliano. Protagonista di questo musical sui generis altri non è che il magnifico Daniel Day Lewis, capace di interpretare anche una patata se gliene fosse data la possibilità. Si prevedono molte candidature, ma pochi Oscar. Ci si aspetta molto colore, molta musica, belle coreografie ma anche tanta asettica perfezione. Più dubbi che entusiasmi.




Passiamo ad un film curioso e apparso dal nulla, First Snow. Thriller sul destino e l'ineluttabilità del medesimo, ha il suo punto di forza nell'interpretazione del suo protagonista, quel Guy Pearce che passerà alla storia del cinema per il magnifico ed indimenticabile Memento. Della partita anche Piper Perabo, brava e bella attrice già vista quest'anno nell'inedito in Italia Carriers. La Perabo è attrice mai banale, capace di alternare film alimentari (Le ragazze del Coyote Ugly, Il nascondiglio del diavolo) a piccoli gioielli d'autore (L'altra metà dell'amore, Imagine Me & You). Senza saperne nulla, francamente gli darei fiducia, se non altro per i suoi protagonisti. Certo, potrebbe essere il solito thriller sbiadito e inconcludente, ma il mio senso di ragno pizzica. Consigliato.




Restiamo nel campo della paura con Il quarto tipo, film che ha la pretesa di raccontare una storia vera, basata su vere documentazione filmate. Il tema dei rapimenti alieni, ultimamente un pò abbandonato, trova qui nuova linfa vitale, anche grazie all'interpretazione di Milla Jovovich (Il quinto elemento e la trilogia di Resident Evil). Tra un documento presunto vero ed un altro completamente finto, pare che il film faccia davvero paura e almeno da quanto si è visto nel traler, le promesse dovrebbero venir mantenute. Per un appassionato di horror come il sottoscritto, questo è il classico appuntamento imperdibile. A vostro rischio e pericolo.




Cuccioli-Il codice Marco Polo
è un film d'animazione italiano che non deluderà certo i bimbi che avranno la fortuna di farsi accompagnare al cinema dai compiacenti genitori. Frutto di un'animazione semplice e pura, senza citazionismo fine a se stesso ed ammiccamenti adulti, questo film si segnala per essere dichiaratamente dedicato ai più piccoli. Una trama accattivante che prende spunto dall'odio della Maga Cornacchia per la città di Venezia. Toccherà ai cuccioli del titolo tentare di sventare il diabolico piano della Maga, che prevede l'affondamento della città lacustre. Per tutti i bimbi e i compiacenti bimbi cresciuti che li vorranno accompagnare.




Concludiamo degnamente con L'uomo che verrà. Il film di Giorgio Diritti mette in pellicola la triste e controversa vicenda dell'eccidio di Monte Sole. Guerra, miseria, sofferenza e dolore, i partigiani da una parte e i tedeschi dall'altra. Per chi, come me, ha vissuto questa vicenda sulla propria pelle, nella propria casa, un appuntamento imprescindibile, per tutti gli altri un film importante per riflettere e per non dimenticare mai. Per una volta il cinema italiano non si occupa di amore di ricerca della felicità, ma della nostra storia. Consigliatissimo.

TERMINATOR SALVATION: Le derive del cinema d'intrattenimento e le faccende domestiche


Da mesi faceva bella mostra di se sul mio scaffale il bluray di Terminator Salvation. Oggi, considerato l'umore buono e la giornata bigia, ho deciso di rompere gli indugi e dare possibilità alla pellicola in questione di stupirmi. Dopo un breve prologo il film comincia e io spettatore smaliziato so già cosa aspettarmi da un titolo della franchise Terminator. Distruzione, i soliti robot di varie misure, le solite chiacchere, il solito John Connor, il solito sacrificio finale. La minestra è sempre la stessa, ad ogni film si mischiano un pò gli ingredienti ma il sapore non cambia mai. Anche Mc G (responsabile di quella porcata di Charlie's Angels) da par suo, rinuncia ad aggiungere sapori diversi e serve allo spettatore la stessa minestra di sempre. Il fatto è che Terminator Salvation è talmente uguale agli altri film della serie, che si può tranquillamente inserire il pilota automatico e dedicarsi ad altro. Così per esempio ho fatto io e dopo un'ora di assonnata visione ho cominciato a svuotare la lavastoviglie. A parte il garantirvi che ho potuto continuare a seguire il film anche senza vederlo, la storia finale compreso è sempre quella, devo dire che questo fatto mi ha portato a riflettere sul cinema di intrattenimento e sulla deriva che lo riguarda da vicino. Nessuno qui pretende di assistere a capolavori (anche se sarebbe bello una volta tanto), ma perlomeno potrebbe essere interessante far andare di pari passo gli effetti speciali (decisamente strabilianti rispetto ad anni fa) con la sceneggiatura (decisamente d'accatto rispetto ad anni fa). Sembra che il cinema di intrattenimento proceda per accumulo di effetti ed esplosioni, cercando così di far dimenticare le macroscopiche lacune di scrittura che pesantemente lo affliggono. Personaggi colpevolmente tagliati con l'accetta, caratteri appena abbozzati, spunti distrattamente lasciati in sospeso e non sviluppati. Terminator Salvation è un esempio (ma non è l'unico) di questo malato modo di fare cinema, l'eclatante manifesto di un'industria che ormai ripete se stessa, con ben poche eccezioni, pervicacemente determinata a sfruttare fino all'esaurimento qualsiasi buona idea, pronta a saccheggiare il mondo dei fumetti e delle serie tv senza ormai alcun ritegno, incastrata in un diabolico loop fatto di sequel inutili e remake deficienti. Un'industria che sta cambiando e che per come l'abbiamo conosciuta sta lentamente morendo. TERMINATOR DOOMSDAY

P.S. In attesa di vedere cosa inventeranno nel prosimo film. Forse Skynet deciderà di mandare un Terminator indietro nel tempo per uccidere la mamma di Sarah Connor, cioè la nonna di John Connor.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
C'è John Connor, la resistenza e i Terminator. Bum, Bang, Crash. Fine.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Nessuna scena è degna di essere ricordata.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Sam Wothington è nelle sale con Avatar e presto lo vedremo nel remake di Scontro doi titani. Christian Bale è uno degli attori più bravi di questo momento storico. Avendo cominciato a fare cinema giovanissimo (era protagonista nel bellissimo L'impero del sole di Spielberg) si è recentemente imposto all'attenzione del pubblico grazie a film come L'uomo senza sonno (francamente sopravvalutato), The prestige (decisamente bello), Nemico pubblico (meraviglioso ultimo film di Michael Mann) e gli ultimi due Batman (di cui il secondo è un capolavoro) diretti da Christopher Nolan.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Fantastico, 9
Se avete da 13 a 20 anni: Bello, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Solita zuppa, 5

Se avete da 40 anni in su: Tempo perso, 4

Terminator Salvation (Usa 2009)
Regia di Mc G
Con Christian Bale, Sam Worthington



HACHICO: Emozione e lacrime


Chi come me si è accostato a questo film controvoglia, un pò per caso, spinto forse dall'intenzione segreta ed inconfessabile di deriderlo, rimarrà profondamente sorpreso. La storia vera (quasi, è ovvio che tutto è traslato in ottica occidentale) del cane Hachico, capace di aspettare il ritorno del padrone fino alla fine dei suoi giorni, risulta certamente stucchevole, gratuita e costruita a tavolino, ma innegabilmente commuove e coinvolge. Pur cercando di mantenere un compassato distacco critico, riesce impossibile non farsi emozionare dalla vicenda narrata in questo film. Se le vere protagoniste della vicenda sono le lacrime, capaci di sgorgare naturali e copiose più volte durante la visione, non si può certo negare l'afflato di sincerità che coinvolge tutti i personaggi che compongono questa vicenda, siano essi protagonisti o semplici comprimari. Dal buon Richard Gere alla sempre brava Joan Allen e alla loro dolcissima figlia, passando per l'uomo degli hot dog e l'impiegato della stazione, fino ad arrivare ovviamente al fedele Hachico, tutti coloro che hanno partecipato al film, si impegnano per dare il loro contributo nel far emozionare anche lo spettatore più smaliziato. Bisogna dunque capirsi, se è vero come credo sia vero, che il cinema è prima di tutto emozione, allora Hachico centra il bersaglio, regalando due ore di toccante sentimento e partecipata emozione ad un pubblico che forse si trova impreparato ad accettarlo. Di contro non sto sostenendo che questo sia un grande film in assoluto, ma certamente un grande film per tutti coloro che vogliono farsi inondare da un fiume di travolgenti emozioni e lasciarsi andare ad un sano e spontaneo pianto liberatorio. Forse non è molto, ma di certo nemmeno poco.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Tratto da una storia vera, il film racconta del cane Hachico e del suo legame speciale col padrone. Dopo la morte dell'uomo il cane aspetterà il suo ritorno per anni, dando prova di una fedeltà senza confini, capace di valicare i confini della vita terrena.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Tutta la parte finale in cui Hachi aspetta invano il ritorno del padrone... impossibile non piangere.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Se Richard Gere non ha bisogno di presentazioni ( personalmente i suoi film migliori restano All'ultimo respiro, Affari sporchi, Sommersby, Schegge di paura e Chicago), Joan Allen invece è attrice troppo spesso sottovalutata. Tra le sue interpretazioni La seduzione del male (al di Daniel Day Lewis), Pleasantville (delizioso piccolo film con Tobey Maguire, Reese Witherspoon e Jeff Daniels) e gli ultimi due film dedicati a Jason Burne. Da par suo il regista Lasse Hallstrom è responsabile del notevole La mia vita a quattro zampe, del toccante Le regole della casa del sidro (con un monumentale Michael Caine) e del sopravvalutato Chocolat.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Commovente, 7

Se avete da 40 anni in su: Molto commovente, 7,5

Hachico- Il tuo migliore amico (Hachico: a dog story, Usa 2009)
Regia di Lasse Hallstrom
Con Richard Gere, Joan Allen




CASE 39: Che spavento Bridget Jones


Lascia una strana sensazione guardare questo horror da quattro soldi. Per cominciare fin dalle primissime inquadrature, una spiacevole sensazione di già visto invade occhi e cervello, registrando quelle sequenze come già acquisite, già appartenenti al vostro bagaglio cinematografico. Case 39 infatti si muove goffo nei battuti ed abusati territori appannagio dell'infanzia diabolica. Film come L'innocenza del diavolo e The Omen, fino ai recenti Il respiro del diavolo ed Orphan, sono infatti le già non eccelse pietre di paragone per questo filmetto di serie z. La storia dell'assistente sociale che si trova alle prese con una bambina che non è quello che sembra, pesca dal passato, ma soprattutto lascia troppe porte aperte. Veri e propri buchi di sceneggiatura, falle incolmabili che restano senza spiegazione e risposta, lasciando gli spettatori attoniti e pieni di domande. Come se non bastasse, a guastare ulteriormente la festa ci pensa l'ingombrante interpretazione di Renée Zellweger. Per tutta la durata del film infatti, lo spettatore non riesce a togliersi di dosso la sensazione di assistere al terzo capitolo delle avventure di Bridget Jones. Come accadde al buon Antony Perkins prima di lei, anche la nostra Renée è rimasta vittima di quel famosissimo ruolo trappola che le consente di interpretare solo commedie leggere. Gli stessi irritanti sguardi basiti, lo stesso consolidato corollario di smorfie, il volto perennemente congelato dal botulino in una paresi forzata, che le consente tre espressioni facciali: la rabbia paonazza, il sorriso imbarazzato e l'attonito stupore. Vedere un film horror in queste imbarazzanti condizioni, rasenta il ridicolo, il finale poi è un colpo di grazia cinematografico da cui difficilmente ci si potrà riprendere in tempi brevi. Da dimenticare... magari potessi.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Bridget Jones in questo terzo capitolo si troverà a fronteggiare una bambina davvero diabolica.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
C'è un uomo, in un bagno e delle api... non vi dico altro.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Il primo ruolo davvero importante di Renée Zellweger è stato in Non aprite quella porta IV, una vaccata colossale (uno dei più brutti film di sempre) che vedeva al suo debutto un'altra futura stella di Hollywood, Matthew McConaughey. Oltre ai due capitoli dedicati a Bridget Jones (il primo carino, il secondo una vera boiata), la nostra Renée ha interpretato Jerry Maguire al fianco di Tom Cruise (molto carino), Io me & Irene insieme a Jim Carrey (divertente ma nulla più), Chicago in compagnia di Richard Gere e Catherine Zeta Jones ed infine ha vinto l'Oscar come attrice non protagonista per il drammone Ritorno a Cold Mountain (diretto dal compianto Antony Minghella ed interpretato da Nicole Kidman e Jude Law).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Dai 12 anni in su Carino, 6
Se avete da 13 a 20 anni: Carino, 6

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Schifezza, 3

Se avete da 40 anni in su: Immondizia, 2

Case 39 (Usa 2009)
Regia di Christian Alvart
Con Renée Zellweger, Jodelle Ferland



TRA LE NUVOLE: Tra i film più belli dell'anno


Si chiama Tra le nuvole (in originale Up in the air) ed è l'ultimo meraviglioso film interpretato da un George Clooney in odore di Oscar. Scordatevi le confortevoli e solari commedie in cui un protagonista egocentrico ed egoista scopre il mondo e la bellezza degli esseri umani facendo ammenda attraverso l'amore, qui siamo da tutt'altra parte. Tra le nuvole comincia con una serie di vere interviste a uomini e donne che hanno veramente perso il lavoro, per continuare con la storia dell'uomo più solo dell'universo, che per lavoro licenzia proprio quelle persone. Si ride, ma le labbra non sono mai distese, ma perennemente contratte in un sorriso forzato. La delusione come compagna fedele, l'amarezza come necessario corollario alla vita, la solitudine come valore imprescindibile della stessa. Un nuovo inizio, il primo giorno della nostra nuova vita. Una vita fatta di filosofia spicciola, benefit illusori e speranze pronte ad infrangersi. Non c'è sosta e pace per chi, come Caronte, è condannato a traghettare le anime dei dannati e se stesso sul fiume infernale Stige. La nostra vita, la nostra nuova vita, parte da qui, dall'accettazione di una condizione senza via d'uscita. La solitudine. Spiazzante, misurato ed umanissimo il sempre bravo George Clooney, nascondendosi dietro un sorriso, mette a nudo una fragilità capace di scuotere nel profondo chiunque. Siamo piccoli uomini in viaggio, attaccati a piccole cose senza senso, mai come in questo momento, sperduti nel tempo, nello spazio e nel significato. Tra i film più belli dell'anno.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La semplice e travagliata vita di un uomo che gira l'America licenziando lavoratori di ogni età, sesso ed estrazione sociale, viene sconvolta da una serie di piccoli ma radicali cambiamenti.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Il finale, straordinaria chiosa di unostraordinario film.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
George Clooney è attore eclettico e straordinario. Oltre ad aver interpretato cinque serie di E.R. (la miglior serie della storia della tv), tra i suoi film spiccano Out of sight (bel film di Soderbergh), Three Kings (personalmente lo adoro), Fail safe (starordinario), la serie di Ocean's (con alti e bassi), Syriana (premio oscar come attore non protagonista), Fratello dove sei? (targato fratello Coen), Michael Clayton (sottovalutato e molto bello) e soprattutto Good night and Good Luck (straordinario film e sua seconda regia). Per il regista Jason Reitman questo è il terzo film dopo il divertente cinico Thank you for smokin' e il solare e sopravvalutato Juno. Per quelli di voi che si stessero chiedendo dove hanno già visto la ragazza di Clooney, si tratta di Vera Farmiga che l'abbiamo già apprezzata in The departed (sopravvalutatissimo film fiume targato Scorsese) e in Orphan (orroraccio da dimenticare).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma noioso, 6
Se avete da 13 a 20 anni: Molto carino, 7

Se avete da 20 a 30 anni: Bello, 8
Se avete da 30 a 40 anni: Masterpiece, 9

Se avete da 40 anni in su: Masterpiece, 9

Tra le nuvole (Up in the air, Usa 2009)
Regia di Jason Reitman
Con George Clooney, Vera Farmiga, Anna Kendrick



THE FINAL DESTINATION: Giuralo!


Non c'è due senza tre e il quattro vien da se. Ecco spiegato in modo semplice il motivo che ha portato alcuni uomini di dubbia moralità a riunirsi per produrre un nuovo capitolo della saga che ha per protagonista la trista mietitrice. Facciamo un passo indietro. Il primo capitolo era divertente, eccessico e soprattutto decisamente originale, l'idea che la morte avesse un piano per chiunque e che non si potesse sfuggire ad esso in nessun modo era affascinante. Il numero due era francamente anche meglio del suo predecessore, complice un incipit che era un vero e proprio bagno di sangue (l'incidente stradale più spettacolare che si sia mai visto) e una serie di dettagli splatter disseminati, come piccole spaventose briciole, durante tutta la pellicola. Poi arrivò il terzo capitolo e lo sconforto si impossessò dei nostri cuori, la ripetizione regnava sovrana e lo sbadiglio era dietro l'angolo. Ora a fomentare nuove sanguinose speranze arriva questo quarto capitolo (in 3d) che ha la presunzione di presentarsi come definitivo (quel "The" davanti al titolo). Veniamo al dettaglio, l'inizio come al solito è potente e spettacolare, un bagno di sangue durante una gara di Naskar che fa davvero ben sperare. Purtroppo dopo i titoli di testa più cool di tutta la serie (e tra i più belli che si siano visti negli ultimi anni) ecco farsi largo la solita e pedissequa ripetizione delle solite trovate e dei soliti complicati modi per morire tra atroci sofferenze. A nulla servirà un finale furbino ed ammiccante, ormai la frittata è fatta e la mente è già altrove, persa in un mondo meraviglioso e giusto in cui i film horror sono originali e intelligenti, senza inutili sequel e senza stupidi remake.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
La morte è incazzata nera con un manipolo di persone che si sono salvate dalla sua affilata falce. Saranno volatili per diabetici.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
L'incidente iniziale (notevole) e i titoli di testa.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
David R. Ellis, il regista di questo quarto capitolo, è lo stesso dello starordinario numero due.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Vietatissimo, n.c.
Se avete da 13 a 20 anni: Fighissimo, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Mmmmm, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Mmmmm, 5

Se avete da 40 anni in su: Mmmmm, 4


The final destination 3d (The final destination, Usa 2009)
Regia di David R. Ellis
Con Bobby Campo, Shantel VanSanten, Nick zano

THE BOX: Avrebbe potuto...


Dispiace dover ammettere di essersi sbagliati. Quando uscì Donnie Darko venne naturale gridare al miracolo. Richard Kelly era stato protagonista di un esordio al fulmicotone, un film stratificato e complesso, ideale per farsi ricordare negli anni a venire. Purtroppo a tale promessa non è mai seguita una reale conferma e dopo anni di silenzio è seguito lo zoppicante Southland Tales. Ora parecchi anni dopo quel magnifico esordio, ecco fare capolino The box, fanta-thriller dal claudicante valore artistico. Al di là dell'amore di Kelly per le domande lasciate in sospeso (cosa centra l'handicap di Cameron Diaz, che centra il fatto che Frank Langella lavorasse per la Nasa), il film ha un suo ipnotico incedere, che purtroppo si fa sempre più confuso proprio nel momento in cui sciogliendo i nodi narrativi, dovrebbe farsi più chiaro. La pecca più grave di The box è quella di procedere per irritante accumulo, infischiandosene di parole come coerenza e misura. Ad uno spunto intrigante e ben architettato (non a caso il film è tratto da un racconto del geniale Richard Matheson) fa quindi da contraltare uno sviluppo confuso, indeciso, chiassoso. Perennemente indeciso tra misticismo e fantascienza, in costante bilico tra thriller e dramma, The box mette troppa carne al fuoco, rischiando un'indigestione ai danni dei poveri nauseati spettatori. Amplificando in modo insopportabile i punti di forza (ma anche quelli di debolezza) del suo esordio, Richard Kelly confeziona un film che avrebbe potuto essere un piccolo classico, invece rischia di trasformarsi in un piccolo ed insignificante ricordo, che aspetta solo di essere rimosso. Forget it.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Una coppia riceve una scatola contenente un marchingegno con un bottone. Se lo premeranno succederanno due cose: Qualcuno che non conoscono ovunque nel mondo morirà e per questo riceveranno 1 milione di dollari.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
La parte iniziale ha una sua solida dignità.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Cameron Diaz è attrice che non ha bisogno di presentazioni. Da Tutti pazzi per Mary, passando per The Mask, fino ad arrivare a Gangs of New York, tantissimi i film che l'hanno vista protagonista. Personalmente i miei preferiti sono Una cena quasi perfetta (cattivissimo), Il senso dell'amore (dimenticato e bellissimo film diretto da Edward Burns) ed Essere John Malkovich (capolavoro criptico e geniale di Pike Jonze). James Marsden è stato Ciclope nella saga degli X-Men. Dulcis in fundo Frank Langella è attore e caratterista di enorme valore. Tra i suoi film ricordiamo Good Night and Good Luck (del sempre bravo George Clooney) e Frost/Nixon-Il duello (per la regia di Ron Howard).

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Carino ma noioso, 7
Se avete da 13 a 20 anni: Bello, 8

Se avete da 20 a 30 anni: Molto Carino, 7
Se avete da 30 a 40 anni: Carino, 6

Se avete da 40 anni in su: Carino, 7

The Box (Usa, 2009)
Regia di Richard Kelly
Con Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella



BANDSLAM: Forget the '80


C'erano una volta i film degli anni 80. Una sequela di pellicole giovanili incentrate sul duro lavoro di qualcuno che voleva ottenere un risultato importante: Sportivo (Karate Kid), militare (Top Gun), artistico (Flashdance) o sentimentale (Bella in rosa). Qualunque 'obbiettivo i protagonisti di quei film si fossero proposti, lo avrebbero certamente ottenuto nel finale, grazie al loro duro lavoro e ad una buona dose di determinazione. Ora però nel 2010 le cose sono diverse. Prendiamo Bandslam, filmino innocuo ma molto divertente, che racconta la genesi di un gruppo musicale, determinato a vincere un concorso che porta il nome del film. Quello che dovete sapere, se decidete di recarvi a vedere un film come questo, cioè un film che propone una competizione, un traguardo importante da raggiungere o il coronamento di un sogno, è che ora nel 2010 il risultato non è mai certo. Se una volta eravamo sicuri che tutto quel dare la cera avrebbe fruttato la vittoria a Ralph Macchio, ora non si può dire lo steso per i bambini di School of Rock o appuntoi ragazzi di Bandslam. Dopo l'11 settembre il cinema americano è cambiato, l'insicurezza si è fatta strada nelle sale cinematografiche e l'ansia da prestazione si è impossessata nelle sceneggiature targate Hollywood. Gli eroi hanno lasciato il posto ai perdenti, i muscoli hanno ceduto il passo al cervello e l'orrore si è fatto più complesso. Anche i film per ragazzi hanno dunque subito una trasformazione, lasciando attecchire il germe del fallimento, alzando le mani in segno di resa di fronte al destino avverso. Capiamoci, questo discorso non vale ovviamente per tutti i film, Hannah Montana continua a stravincere su tutta la linea, figlia di una politica repubblicana che non morirà mai, ma per molte pellicole la musica è cambiata e con lei il modo di rappresentare certe storie. Se è vero che in una certa misura il cinema racconta la vita, allora è profondamente giusto che nei vuoti anni 80, periodo plastificato caratterizzato dall'arrivismo spietato e da un muscoloso successo a tutti costi, Silvester Stallone e soci abbiano fatto la loro fortuna menando le mani. Di contro il periodo storico che ci vede ospiti e protagonisti, lascia intendere che qualcosa sta cambiando e questo probabilmente non è necessariamente un male. Bandslam è figlio dei nostri tempi e riflette in modo non banale e sempre divertente su problemi quali la famiglia, l'amicizia, l'appartenere ad un gruppo, l'accettarsi e il farsi accettare. Non male per un film interperatato da giovanissimi, dedicato proprio ad un pubblico di giovanissimi. Da vedere.

LA TRAMA IN DUE PAROLE
Il nerd appassionato di musica Will cambia scuola. Troverà nuovi amici e la possibilità di partecipare con un gruppo musicale al Bandslam,competizione tra gruppi che ha per premio un contratto discografico.

LA SCENA CHE VALE IL FILM
Ovviamente il trascinante finale.

L'ANGOLO DELL'INTRIGANTE NOZIONISMO
Vanessa Hudges è praticamente l'idolo dei teenager di mezzo mondo, infatti è l'eroina della saga di High School Musical. Nel ruolo della madre del protagonista troviamo Lisa Kudrow, ex interprete della mitica serie Friends.

VOTO
Se avete da 00 a 13 anni: Capolavoro, 10
Se avete da 13 a 20 anni: Bellissimo, 9

Se avete da 20 a 30 anni: Carino, 6
Se avete da 30 a 40 anni: Molto Carino, 7

Se avete da 40 anni in su: Molto Carino, 7

Bandslam (Usa, 2009)
Regia di Todd Graff
Con Vanessa Hudgens, Lisa Kudrow, Gaelan Connell




Per darvi un'idea migliore del film ecco una delle canzoni eseguite dai ragazzi protagonisti. Se riuscirete a non saltare in piedi e ballare come selvaggi, fatemelo sapere.